"Trasparenza e priorità alla sicurezza nella politica nucleare francese." E' questo che Nicolas Sarkozy ha promesso ad Angela Merkel durante l'odierno incontro a Berlino. Fra i due leader europei, il sempreverde dibattito sull'energia atomica aveva creato recentemente qualche piccola tensione. La decisione della Germania di uscire dall'atomo da qui al 2022, e il no espresso dagli italiani nel corso del referendum sul nucleare,  hanno spiazzato il presidente francese.

     Nei giorni scorsi Sarkozy si é premurato di avvertire i cittadini che "tra poco, la Francia venderà energia elettrica ai tedeschi". Con lo stesso zelo, la Merkel oggi ha informato la stampa francese che l'energia, i tedeschi, anche senza l'atomo, saranno in grado di prodursela da soli. Touché.

     Dopo l'incidente di Fukushima, il governo francese fatica a convincere l'opinione pubblica sulla bontà dei propositi in faccende nucleari. Soprattutto quando la sbandierata "trasparenza" vacilla sotto i movimenti imprevedibili degli interessi politici. E' quanto é accaduto ieri, con la rimozione di Anne Lauvergeon dalla direzione di Areva, il colosso nucleare francese. "La credibilità della nostra filiera nucleare non si riduce all'azione di una sola persona", ha commentato oggi Sarkozy a Berlino, rispondendo a una domanda sulle ragioni di questa strana sostituzione.

     Poco loquace sull'argomento é anche il ministro dell'industria Eric Besson che, ricordando i due mandati quinquennali già affidati alla Lauvergeon alla direzione di Areva, ha sposato la tesi del "rinnovamento naturale". Un po' come quando in autunno cadono le foglie.

    
     Le pressioni dei finanziatori

     Ma quali sono i reali motivi di questa decisione? Secondo diversi esponenti dell'opposizione, in primis Jean Marie Le Guen, intimo amico dell'ex favorito alle presidenziali, Dominique Strauss Kahn, ora nell'occhio del ciclone per la torbida e triste vicenda newyorchese, intorno a questa scelta ci sarebbe ben poca strategia industriale e molte manovre politiche. Le colpe di Anne Lauvergeon, ex segretario generale all'Eliseo nell'epoca Mitterrand, sarebbero molteplici, in primo luogo quella di aver messo più volte i bastoni fra le ruote a uomini vicino al presidente della Repubblica, in particolare finanziatori della sua campagna presidenziale, quali Martin Bouygues (potente leader nella telefonía), e poi Henri Proglio, presidente Edf, nella scalata ad Areva.

     La crisi economica cominciata nel 2008 ha reso fragile la posizione di Bouygues, ma EDF, leader mondiale nel nucleare non ha atteso per dare battaglia ad Areva e puntare al suo assorbimento.  Henri Proglio ha sfidato Madame Lauvergeon, supportando le tecnologie dei reattori tradizionali (tipo Fukushima), al contrario della presidente di Areva che ha sempre sostenuto la necessità di dare priorità alla sicurezza e di privilegiare la ricerca sugli EPR, i reattori di ultima generazione.

     Su questo punto, la catastrofe giapponese ha dato ragione a Madame Lauvergeon, ma Henri Proglio ha puntualmente replicato denunciando gli altissimi costi dell'EPR, la complessità della struttura e i tempi lunghissimi per l'installazione. Il presidente EDF, appoggiato da Sarkozy, ha accusato di conseguenza  la Lauvergeon, colpevole secondo la maggioranza di aver affossato il mercato nucleare francese, proponendo un prodotto invendibile.

  
      Le disputa dei colossi

     Rapida realizzazione e costi più bassi spingono EDF e il governo francese ad appoggiare la vendita di reattori tradizionali, meno cari e, inevitabilmente, meno sicuri. La disputa fra i due colossi dell'atomo francese ha avuto cosí il suo epilogo nel congedo forzato di Anne Lauvergeon, per decisione ufficiale, dopo ormai anni di crisi e dissapori.  Nel momento in cui questo articolo viene redatto, le agenzie stampa segnalano che negli Stati Uniti, in Nebraska, una centrale nucleare è seriamente minacciata dalla piena del fiume Missouri. La priorità nel nucleare dovrebbe essere nella sicurezza.  Le ragioni economiche e le fratellanze politiche paiono tuttavia prevalere fin troppo spesso.