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Ieri, 29 settembre, si è celebrata la Giornata Internazionale della Consapevolezza sulle Perdite e gli Sprechi Alimentari, istituita dalle Nazioni Unite. La finalità principale di questa giornata è sensibilizzare sull’impatto sociale, economico, ma soprattutto ecologico dello scarto di alimenti. A dieci anni dall’approvazione del piano ONU 2030 e a nove anni dalla legge Gadda sull’avanzo di prodotti alimentari, l’Italia ha fatto progressi, ma non sufficienti.
Secondo il nuovo rapporto Waste Watcher International lo spreco alimentare individuale è diminuito: da 650 grammi a 555,8. Suddividendo la nostra nazione in “nord”, “sud” e “centro”, lo studio ci mostra come l’aerea più virtuosa del nostro paese sia la zona centrale, dove si sprecano “solo” 490 grammi a testa a settimana. Tra i prodotti alimentari più gettati ci sono la frutta fresca, le verdure, il pane, l’insalata, cipolle, aglio e altri tuberi. Le tendenze degli ultimi anni sono state fortemente influenzate da guerre, crisi internazionali e cambiamenti climatici. In un contesto come questo sono sempre più gli italiani, due su tre, che hanno aumentato la sensibilità riguardo alle tematiche ambientali.
Il vero motore del cambiamento è la generazione Z, i “nativi digitali” venuti al mondo tra gli ultimi anni del vecchio secolo e il 2012, grazie a una condotta irreprensibile. Ma cosa fanno in modo pratico? Riutilizzano gli avanzi, condividono il cibo, acquistano frutta e verdura di stagione e prestano molta cura all’impatto ambientale. La loro forza sta anche nell’innovazione e nella connessione: possono essere un esempio positivo per guidare le generazioni meno digitali verso comportamenti sostenibili.
Lo scenario globale delle eccedenze è preoccupante: ogni anno nel mondo vengono gettate oltre un miliardo di tonnellate di cibo, pari a un terzo della produzione globale. Questo dispendio contribuisce a circa il 10% delle emissioni di gas serra, consuma enormi quantità di acqua dolce e terreni agricoli e, allo stesso tempo, lascia milioni di persone senza pietanze sufficienti o in condizioni di insicurezza alimentare. In Italia, le strategie per ridurre le eccedenze alimentari stanno prendendo piede: consumare prima i cibi deperibili, congelare ciò che non si può consumare subito e pianificare la spesa.
Anche le istituzioni e le campagne pubbliche stanno promuovendo buone pratiche: il premio “Vivere a Spreco Zero” valorizza le migliori iniziative sostenibili, mentre il progetto “Food is Never Waste” aiuta paesi come Albania, Tunisia e Egitto a ridurre perdite, migliorando infrastrutture, competenze tecniche e consapevolezza. Ma come ci comportiamo in confronto agli altri paesi europei? Sprechiamo di più di Germania, Francia e Spagna, segno evidente che nonostante i miglioramenti la strada sia ancora lunga e tortuosa, se si vogliono raggiungere gli obiettivi prefissati. Ogni piccolo gesto conta: scegliere prodotti locali, rispettare la stagionalità, consumare responsabilmente e ridurre gli sprechi non solo è un atto etico, ma anche un contributo concreto alla sostenibilità del pianeta e al raggiungimento degli obiettivi globali.



