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E tre, per la terza volta consecutiva - la decima nella storia - l’Italia del tennis si gioca la finale di Coppa Davis. Stavolta in casa, a Bologna. E a dispetto di chi cerca di mettere zizzania va a giocarsela con il tifo a distanza di Jannik Sinner e di Matteo Musetti, ma soprattutto ci va sulle racchette di Matteo Berrettini, il veterano che moriva dalla voglia di dimostrare di essere ancora lì a vedersela con i migliori a malgrado i tanti infortuni. E di Flavio Cobolli che da numero 22 del mondo, se ci fossero stati quegli altri là, sarebbe stato prima riserva.
Ha visto giusto Filippo Volandri nello scommettere sull’esperienza di Berrettini schierandolo come singolarista senza lasciarsi ingannare dal numero 56 in classifica, che del campione romano dice la fatica di un fisico statuario ma fragile, ma non rende tutta l’esperienza maturata dal primo italiano della storia in finale a Wimbledon, capace di salire al numero 6 e di giocarsi senza far tremare servizio e dritto cose che contano. Quando c’è da reggere sotto pressione quel vissuto conta e Volandri lo ha capito.
L’Italia, dopo il 2-0 dei quarti, supera il Belgio in semifinale 2-0 con un Cobolli commovente che si gioca il quarto punto con una partita epica contro Bergs, finita 17-16 al tie break del terzo set con un numero incalcolabile di match point per parte e dopo tre ore di battaglia alla fine conquista uno degli incontri più emozionanti della storia della Davis azzurra (con dedica finale alla mamma, al fratello e all'amico calciatore Edoardo Bove, più volte inquadrato sugli spalti, che al momento non può giocare a seguito di un malore avuto in campo nella scorsa stagione). Mentre capitan Volandri in panchina si consuma di tensione come una candela. In una bolgia da stadio di calcio.
Domani, sabato, è un altro giorno, quello in cui sapremo se l’avversario di domenica sarà la Germania di Zverev, il più alto in grado, sul campo di questa final eight, o la Spagna senza Alcaraz.
Farà bene a tutti l'esperienza di questa lotta: darà mattoncini di consapevolezza a chi come Berrettini non vuole e non deve arrendersi e di esperienza a chi come Cobolli deve ancora crescere con tanti margini e che da stasera sa cose di sé che ieri non sapeva.
Può essere difficile per loro in questo periodo vivere momenti così, uscire dal cono d’ombra che a causa del riflettore eternamente acceso su Sinner, a volte li oscura: ben venga allora la "specializzazione" che ci possiamo permettere, un lusso mai visto, che accresce il bagaglio di esperienza complessivo. La splendida giornata di oggi dimostra che nel tennis italiano in questo momento non solo non esistono il troppo e il vano, ma c’è posto per tutti. Godiamoci questi fantastici ragazzi. Invece di provare a dividerli.



