Poco tempo fa ho ricevuto da un cugino un video disgustosamente colmo di bestemmie in lingua veneziana, che ironizzava sulla vita sociale che il Covid ci costringe a fare. Sono rimasto sorpreso perché il cugino si è sempre dichiarato ed è tuttora cattolico praticante. Gli ho manifestato il mio dissenso, ma lui ha voluto giustificarsi dicendo che a Venezia questo modo di esprimersi è molto comune e non è considerato blasfemia, ma un semplice e innocuo intercalare. Ha anche aggiunto che Marco Paolini (drammaturgo, regista, attore, scrittore e produttore cinematografico veneto) dice: «Fa parte della sintassi, se cavi la bestemmia, non scorre il discorso». Francamente sono rimasto ancora più allibito e disgustato da questa giusti cazione inconsistente e improponibile.
RENATO C.
Sono veneto anche io e so che purtroppo la bestemmia è ancora diffusa. È vero che a volte non c’è vera malizia, è sentita come un semplice intercalare, ma questa non è una giustificazione sostenibile. Prima di tutto perché esprime la volgarità e la grossolanità della persona, ma ancor più perché insulta Dio, la Madonna e i santi, ai quali è dovuto il massimo rispetto. Soprattutto se ci si dichiara credenti. Come i nostri inni non accrescono la grandezza di Dio, così le offese non intaccano la sua gloria. In n dei conti, chi bestemmia, specialmente se lo fa con cognizione di causa, danneggia se stesso e anche chi gli sta attorno. Questo vale soprattutto per i genitori che danno in questo modo il cattivo esempio ai propri figli. Io ho avuto la gioia di avere un padre e una madre che non hanno mai nemmeno usato parole volgari, e questo mi ha fatto crescere addirittura con il fastidio nei confronti del turpiloquio. Chi fa uso di bestemmie dovrebbe comprendere il veleno che sparge attorno a sé e ravvedersi, anche semplicemente imparando a chiedere scusa quando gli sfugge una parola di troppo.


