È di poche settimane fa la condanna a 20 anni di carcere del ragazzo che a 17 anni uccise i genitori e il fratellino. In questo, come in tanti altri casi, le cronache ci parlano di famiglie normali, senza problemi particolari. È possibile che in una famiglia come tutte le altre esplodano violenze simili?

ANDREA


Caro Andrea, episodi come questo – di cui peraltro conosciamo assai poco – riaccendono puntualmente il dibattito sulla normalità delle famiglie e sulla possibilità di riconoscere per tempo i segnali di crisi che possono provocare tragedie. Quesiti legittimi, ma che richiedono prudenza. Le dinamiche profonde di un organismo complesso e fragile come la famiglia spesso sfuggono allo sguardo esterno.

Esistono contesti in cui il dialogo è scarso, la comunicazione affettiva limitata, la regolazione delle emozioni e dei conflitti difficile. Dove i ruoli genitoriali vengono esercitati in modo rigido, i confini tra adulti e figli appaiono confusi. Dove i rapporti coniugali sono fonte di tensioni che non trovano canali adeguati di espressione e composizione.

Dall’esterno, pur riconoscendo queste dinamiche, difficilmente se ne percepisce la portata emotiva, spesso perché protette dal benessere economico o dalla buona immagine sociale.

Vicende come quella ricordata restano comunque fortunatamente casi molto rari. Più frequenti sono, però, le ferite e le cicatrici che rimangono nella mente di bambini e adolescenti cresciuti in questi contesti. Più che interrogarci sulla “normalità” o meno delle famiglie, dovremmo chiederci quali capacità di ascolto, di regolazione emotiva, di supporto reciproco, di vicinanza autentica ci sono in quei nuclei. E porre attenzione alle relazioni che coltiviamo nelle famiglie in cui viviamo.

(Foto in alto: un'immagine tratta da Facebook della famiglia della strage di Paderno Dugnano. ANSA)