«Non abbiate paura di confrontarvi con le paure del mondo» e continuate a essere «pellegrini dell’immaginazione» e «artigiani di speranza». Papa Leone incontra attori, registi e operatori del cinema e chiede loro ci continuare a essere a 130 anni dall’invenzione della settima arte, «testimoni di speranza, di bellezza, di verità». Con il vostro lavoro, dice ancora potete «recuperare l'autenticità dell'immagine per salvaguardare e promuovere la dignità umana è nel potere del buon cinema e di chi ne è autore e protagonista». E, senza sfruttare il dolore, il cinema può raccontare le ferite del mondo: «La violenza, la povertà, l'esilio, la solitudine, le dipendenze, le guerre dimenticate sono ferite che chiedono di essere viste e raccontate. Il grande cinema non sfrutta il dolore: lo accompagna, lo indaga. Questo hanno fatto tutti i grandi registi. Dare voce ai sentimenti complessi, contraddittori, talvolta oscuri che abitano il cuore dell'essere umano è un atto d'amore. L'arte non deve fuggire il mistero della fragilità: deve ascoltarlo, deve saper sostare davanti ad esso. Il cinema, senza essere didascalico, ha in sé, nelle sue forme autenticamente artistiche, la possibilità di educare lo sguardo».

E se è vero che «il cinema è un’arte giovane, sognatrice e un po’ irrequieta, anche se ormai centenaria», all’inizio una sorta di «gioco di luci e di ombre, per divertire e impressionare», ben presto è diventata un’arte capace di «manifestare realtà ben più profonde» espressione «della volontà di contemplare e di comprendere la vita, di raccontarne la grandezza e la fragilità, d’interpretarne la nostalgia d’infinito».

Ancora papa Leone ha aggiunto che  «è bello riconoscere che, quando la lanterna magica del cinema si accende nel buio, s’infiamma in simultanea lo sguardo dell’anima, perché il cinema sa associare quello che sembra essere soltanto intrattenimento con la narrazione dell’avventura spirituale dell’essere umano. Uno dei contributi più preziosi del cinema è precisamente quello di aiutare lo spettatore a tornare in sé stesso, a guardare con occhi nuovi la complessità della propria esperienza, a rivedere il mondo come se fosse la prima volta e a riscoprire, in questo esercizio, una porzione di quella speranza senza la quale la nostra esistenza non è piena. Mi conforta pensare che il cinema non è soltanto moving pictures: è mettere in movimento la speranza!»-

Leone si dice preoccupato anche per l’erosione delle sale cinematografiche. Quei luoghi dove «nel buio e nel silenzio, l’occhio torna attento, il cuore si lascia raggiungere, la mente si apre a ciò che non aveva ancora immaginato. In realtà, voi sapete che la vostra arte richiede concentrazione. Con le vostre opere, voi dialogate con chi cerca leggerezza, ma anche con chi porta dentro il cuore un’inquietudine, una domanda di senso, di giustizia, di bellezza. Oggi, viviamo con gli schermi digitali sempre accesi. Il flusso delle informazioni è costante. Ma il cinema è molto più di un semplice schermo: è un crocevia di desideri, memorie e interrogazioni. È una ricerca sensibile dove la luce perfora il buio e la parola incontra il silenzio. Nella trama che si dispiega, lo sguardo si educa, l’immaginazione si dilata e perfino il dolore può trovare un senso».

Per questo le sale cinematografiche, come i teatri «sono dei cuori pulsanti dei nostri territori, perché contribuiscono alla loro umanizzazione. Se una città è viva è anche grazie ai suoi spazi culturali: dobbiamo abitarli, costruirci relazioni, giorno dopo giorno. Ma le sale cinematografiche vivono una preoccupante erosione che le sta sottraendo a città e quartieri. E non sono in pochi a dire che l’arte del cinema e l’esperienza cinematografica sono in pericolo. Invito le istituzioni a non rassegnarsi e a cooperare per affermare il valore sociale e culturale di questa attività».

Bisogna fuggire «la logica dell’algoritmo tende a ripetere ciò che “funziona”» per seguire «l’arte che apre a ciò che è possibile. Non tutto dev’essere immediato o prevedibile: difendete la lentezza quando serve, il silenzio quando parla, la differenza quando provoca. La bellezza non è solo evasione, ma soprattutto invocazione. Il cinema, quando è autentico, non consola soltanto: interpella. Chiama per nome le domande che abitano in noi e, talvolta, anche le lacrime che non sapevamo di dover esprimere».

Leone, nell’anno giubilare, chiama gli artisti del cinema a essere «pellegrini dell’immaginazione, cercatori di senso, narratori di speranza, messaggeri di umanità». Un cammino che «non si misura in chilometri ma in immagini, parole, emozioni, ricordi condivisi e desideri collettivi. È un pellegrinaggio nel mistero dell’esperienza umana che voi attraversate con lo sguardo penetrante, capace di riconoscere la bellezza anche nelle pieghe del dolore, la speranza dentro le tragedie delle violenze e delle guerre».

Cita Paolo VI che, nel 1965, incontrando gli artisti, disse loro: «Se siete amici della vera arte, siete nostri amici», ricordando che «questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione». E fa proprio quel messaggio: «Io desidero rinnovare quell’amicizia, perché il cinema è un laboratorio della speranza, un luogo dove l’uomo può tornare a guardare sé stesso e il proprio destino», dice Prevost. Chiedendo ai presenti di fare «del cinema un’arte dello Spirito». Infine richiama il lavoro di squadra perché «la realizzazione di un film è un atto comunitario, un’opera corale in cui nessuno basta a sé stesso. Tutti conoscono e apprezzano la maestria del regista e la genialità degli attori, ma un’opera sarebbe impossibile senza la dedizione silenziosa di centinaia di altri professionisti: assistenti, runner, trovarobe, elettricisti, fonici, attrezzisti, truccatori, acconciatori, costumisti, location manager, casting director, direttori della fotografia e delle musiche, sceneggiatori, montatori, addetti agli effetti, produttori...». E, aggiunge, «mi scuso se ho dimenticato qualcuno, ma siete così tanti.  Ogni voce, ogni gesto, ogni competenza contribuisce a un’opera che può esistere solo nell’insieme».

Pertanto, «in un’epoca di personalismi esasperati e contrapposti, ci mostrate come per fare un buon film è necessario impegnare i propri talenti. Ma ciascuno può far brillare il suo particolare carisma grazie ai doni e alle qualità di chi lavora accanto, in un clima collaborativo e fraterno. Che il vostro cinema resti sempre un luogo d’incontro, una casa per chi cerca senso, un linguaggio di pace. Che non perda mai la capacità di stupire, continuando a mostrarci anche un solo frammento del mistero di Dio. Il Signore benedica voi, il vostro lavoro e i vostri cari. E vi accompagni sempre nel pellegrinaggio creativo, perché possiate essere artigiani della speranza».