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mercoledì 29 marzo 2023
 
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Cardinale arcivescovo e biblista

BAJIT/BÊT: casa, famiglia

Il termine indica sia un edificio materiale, sia i suoi residenti, cioè il casato. Il profeta Natan spiega al re Davide che sarà Dio stesso a donargli una discendenza, da cui verrà il messia atteso

Quello che proponiamo, nel nostro viaggio all’interno delle parole ebraiche più importanti dell’Antico Testamento, è un sostantivo che la maggior parte dei nostri lettori già conosce. Non siamo lontani dal Natale e tutti sanno che, secondo il Vangelo di Luca (2,4), Giuseppe con la sua sposa incinta Maria «dalla città di Nazaret era salito in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme». Molti, poi, sono in grado di spiegare che Betlemme signica «casa del pane».

Effettivamente in quel toponimo si ha un vocabolo ebraico molto comune (è presente ben 2.048 volte nell’Antico Testamento): bajit/bêt, «casa, casato, famiglia», dotato di due forme parallele che si usano secondo una particolare regola grammaticale. Ora, se sfogliamo i Vangeli, ci imbattiamo in altre località che recano in sé quel termine: Bet-saida, «casa della pesca», Bet-ania, «casa del povero (o di Anania)», Bet-fage, «casa dei chi», Bet-esda, «casa della misericordia», nome della piscina situata nei pressi del tempio di Gerusalemme ove Gesù guarì un paralitico (Giovanni 5,1-9). Famoso, poi, nella Genesi era il santuario di Bet-el, «casa di Dio», un centro legato alla memoria del patriarca Giacobbe (28,19).

Anzi, bajit/bêt è un termine usato anche per deFInire il tempio di Sion e, a questo proposito, è importante rimandare a una pagina che è proposta anche nel lezionario liturgico natalizio cristiano. Si tratta del capitolo 7 del Secondo Libro di Samuele, ove è riferito un oracolo divino che il profeta Natan deve comunicare al re Davide. Costui, infatti, una volta strappata la città di Gerusalemme alla tribù indigena dei Gebusei e costituita come capitale del suo regno, aspirava a innalzare una bajit/bêt, ossia un tempio, una casa per il Signore. Ma ecco a sorpresa la replica del profeta a nome di Dio: «Forse tu mi costruirai una bajit (casa/tempio) perché io vi abiti?... Il Signore ti annuncia che sarà lui a fare a te una bajit (casa/casato)» (7,5.11). Non bisogna dimenticare che bajit/bêt signica sia un edificio materiale (casa/tempio), sia i residenti in esso, ossia una famiglia con i suoi discendenti, un casato (anche noi usiamo la formula «la casa reale d’Inghilterra» o di altre dinastie).

Il messaggio che Natan comunica al re è chiaro ed è alla base della promessa messianica. Il Signore non chiede un tempio ove dimorare (sarà il figlio di Davide, Salomone, a edificarlo), una «casa» sacra spaziale. Sarà invece lui a donare una «casa» a Davide stesso, ossia un «casato», una discendenza nella quale Dio opererà con la sua presenza salvifica fino al momento in cui farà sorgere il «figlio di Davide» per eccellenza, cioè il messia. Ecco perché il cristianesimo ha intravisto in questo oracolo profetico il volto stesso di Gesù Cristo, il messia atteso lungo il filo genealogico di Davide (si veda la «genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo » in Matteo 1,1-17).

In finale lasciamo la voce al salmista biblico che rievoca e commenta quella promessa divina fatta al re di Giuda: «Ho stretto un’alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide, mio servo. Stabilirò per sempre la tua discendenza, di generazione in generazione edificherò il tuo trono… Egli mi invocherà: Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza. Io farò di lui il mio primogenito… In eterno durerà la sua discendenza» (Salmo 89,4- 5.27-28.37).


10 dicembre 2020

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