In questa domenica il Signore parlando ai suoi discepoli li mette in guardia rispetto la difficoltà del ruolo di annunciatori del Vangelo che dovranno incarnare. I testimoni della lieta novella sono circondati dai lupi, da persone che senza scrupoli li metteranno alla prova e renderanno difficile la loro opera. È l’opera del Maligno che agisce all’interno del mondo e che lavora contro il compimento del progetto di Dio.
I discepoli sono invitati a essere «prudenti come i serpenti e semplici come le colombe». Immagini che, forse, noi non utilizzeremmo per descrivere l’atteggiamento desiderato ma che ci devono far riflettere sullo stile da utilizzare. La prudenza ci aiuta a non essere trascinati dalle emozioni che costantemente agitano la nostra persona, la prudenza ci invita a far memoria di ciò che abbiamo vissuto per imparare a effettuare le scelte più sensate, la prudenza ci educa a comprendere quando è meglio evitare un passo troppo lungo, cosa si può rimandare e cosa è impellente. Discernere i contesti e compiere scelte bilanciate, anche quando si tratta di testimoniare la parola di Dio, per evitare di non essere pienamente rispettosi dell’altro o di portarlo a una chiusura immediata che rende inutile la nostra sincera testimonianza; così come di esporci troppo velocemente e portare a una interruzione nella comunicazione.
Chiediamoci se sappiamo essere realmente prudenti, se non confondiamo la prudenza con l’immobilità, se sappiamo imparare dalle esperienze vissute. La prudenza ci ricorda la necessità di compiere un passo alla volta senza aver fretta di raggiungere subito la meta saltando le tappe intermedie.
Il Signore, poi, invita alla semplicità, quella capacità di evitare parole inutili, di rifuggire da stratagemmi linguistici che confondono e non mostrano il vero. La semplicità è ciò che permette di parlare a ogni singola persona, al di là della sua condizione sociale, così come ha fatto Gesù nella sua vita, invitando a volgere lo sguardo verso i semplici e i poveri. La semplicità ci educa alla modestia e all’umiltà, ci spinge verso la verità di noi e ci allontana da ogni doppiezza. Il tempo odierno è pieno di testimoni ipocriti, di chi alza la voce contro il prossimo senza rendersi conto che, lui per primo, è incapace di rispettare i pesi che impone sulle schiene altrui. La semplicità ci avvicina a Dio, perché annulla le distanze da ogni uomo e ogni donna.
Nella parte conclusiva del discorso ai discepoli, Gesù li avvisa di non essere soli: quando saranno chiamati a dare testimonianza della loro fede, troveranno le parole giuste per difendersi perché sarà lo Spirito stesso a suggerirgliele. Negli anni del ministero ho avuto la possibilità di fare esperienza di questo aiuto: spesso si tocca meglio il cuore delle persone quando non si presentano grandi discorsi, ma ci si riduce a strumento affidandosi al Signore. Permettiamo allo Spirito di operare nella nostra vita, ci stupiremo di quanto riusciremo a comunicare in maniera efficace col prossimo. Meno io più Dio.