Giovanni 16,5-11 - Martedì della VI Settimana di Pasqua (16 maggio 2023) -
“Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò”. Le parole che Gesù pronuncia nel Vangelo di oggi procurano sofferenza ai suoi discepoli. Essi lo amano e proprio per questo non accettano di separarsene.
Non vorremmo mai perdere chi amiamo. Ma chi ci ama davvero sa che delle volte la prova vera dell’amore la si vede nella capacità di distaccarsi, di lasciare che l’altro cresca, prenda la propria strada, cammini con le proprie gambe. Ad esempio se un genitore a un certo punto non sa farsi da parte nella vita del figlio, allora un tale amore impedirà a quel figlio di crescere, di diventare adulto, di prendersi le proprie responsabilità, di imparare a fare tesoro di ciò che ha imparato.
L’assenza non è sempre abbandono, a volte è una dichiarazione di fiducia. Gesù va via perché possa sprigionarsi nei cuori dei suoi discepoli una misteriosa forza. Se fino ad allora hanno fatto delle cose aggrappandosi a un sostegno esterno a loro, cioè al loro maestro Gesù, da adesso in poi compiranno le stesse opere e ne faranno di più grandi trovando sostegno dentro loro stessi.
Gesù non vuole smettere di essere presente, semplicemente annuncia loro che sarà interiorizzato grazie all’opera dello Spirito. Così come una persona che amiamo non smette di essere presente anche quando non c’è più. Essa continua a essere presente dentro di noi in un modo misterioso. Il vero problema è quando interiorizziamo persone che ci hanno amato male e che continuano a condizionarci anche quando non ci sono più. In questo caso più che mai serve un’azione guaritrice dello Spirito. Accorgersene però è già il primo passo.
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