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“Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa”. Quand’ero bambino e frequentavo gli incontri vocazionali al seminario minore della mia diocesi, ascoltavo spesso la storia di un giovane santo, San Domenico savio.
Mi colpivano diverse cose della sua storia, ma alcune mi sono rimaste impresse più di altre. Tra queste c’è una domanda a bruciapelo che San Giovanni Bosco gli risvolse un giorno mentre giocava: “Domenico, cosa faresti oggi fosse il tuo ultimo giorno di vita?”, Domenico rispose: “continuerei a giocare!”. Una risposta simile spiega la pagina del Vangelo di oggi. Noi a differenza di Domenico non siamo mai pronti a morire, e questo sta significare che in realtà non stiamo vivendo davvero, perché chi vive davvero è talmente immerso nella vita da essere abbastanza pronto e grato da lasciarla in qualsiasi momento, senza paura, senza rimpianti.
È proprio la candida espressione di Domenico che ci fa capire che essere pronti alla morte non significa snobbare la vita, non considerarla, banalizzarla, ma al contrario significa goderla fino in fondo, con la serenità di chi si sente già immerso nell’eternità, anche se abita ancora lo spazio e il tempo. Questa è l’esperienza solo di chi si sente amato. In fondo la Scrittura ce lo ricorda costantemente: l’amore scaccia il timore. Allora le parole del Vangelo di oggi non servono a sentirci in colpa per le nostre paure, ma solo a ricordarci che senza amore rimarremo solo in ostaggio della paura della morte e non godremo mai veramente di questo istante di vita che ancora abbiamo addosso.
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