Mt 13,1-9 - Mercoledì della XVI settimana del Tempo ordinario (24 luglio 2024) -
La parabola del seminatore ci interroga in maniera profonda sulla fine che facciamo fare alle cose importanti che ci accadono nella vita. Dio semina continuamente nel terreno della nostra storia personale ma non sempre ciò che semina attecchisce fino a portare veramente frutto. Le diverse sfaccettature che ci racconta Gesù sono atteggiamenti che possono distruggere il seme o favorirlo: “Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono”. Il primo atteggiamento negativo è quello della superficialità. Viviamo in maniera distratta la nostra vita fino a farci rubare le consapevolezze più importanti. Eppure basterebbe essere più riflessivi.
“Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò”. La seconda scena raccontata da Gesù smaschera quell’atteggiamento della nostra vita che può essere chiamato “emotivo”. Viviamo le cose lasciandoci prendere dai facili entusiasmi, ma poi alla fine con la stessa velocità con cui ci siamo infervorati finisce anche l’idillio.
“Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono”, le mille preoccupazioni della nostra vita sono la terza scena raccontata da Gesù in cui è chiaro che le spine rappresentano quell’atteggiamento preoccupato che non ci fa godere nulla delle cose a causa della troppa paura e dell’eccessiva ansia.
“Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda!”. Finalmente il seme cade anche sulla terra buona che rappresenta quella predisposizione del cuore all’attenzione, al raccoglimento, all’umiltà, alla riflessione, al lasciarsi aiutare. È lì che il seme porta molto frutto.
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