Intelligente e autoironica, spontanea e autentica, mai banale. E vincente. Più forte del dolore, della sfortuna, delle buche sulla pista. Come solo i campioni veri sanno fare Sofia Goggia si rigenera dagli errori come la fenice. Dopo quasi un anno di “soli” piazzamenti, torna sul primo gradino del podio in Val d’Isère il 21 dicembre 2025, 11 mesi dopo l’ultima vittoria nella discesa di Cortina. Riscatta l’errore in discesa di ieri. A parti invertite una storia già vista. Nel 2018 a PyeongChang, quando nel SuperG bruciò con un errore nel finale un possibile oro olimpico, il giorno stesso analizzò sui social la gara con una lucidità ammirevole, e, poi, in discesa alle tre di notte italiane pochi giorni dopo conquistò l’oro olimpico. Perché Sofia è così: complicata, per sua stessa ammissione, incline a pensare, a volte a strafare, ma lucida e coraggiosa.

Ci vuole coraggio per chiedere al corpo di resettare la memoria del dolore e tornare a spingere al massimo dopo l’infinità di infortuni come i suoi e Sofia ne ha. Da vendere. Ce ne vuole anche per ammettere che quando si sente di non farcela da soli bisogna saper chiedere aiuto e ammetterlo. Anche al cielo qualche volta. E Sofia lo sa fare.

Solo pochi giorni fa ha festeggiato l’ultimo esame all’università Scienze politiche alla Luiss, con parole non scontate a un mese dai Giochi olimpici quando spesso gli atleti non vedono oltre le righe del campo: «Sentivo da tempo dentro di me l’impellente necessità di esplorare qualcosa che fosse al di fuori dei perimetri della mia attività sciistica, sentivo che mi mancava qualcosa che potesse essere costruttivo per la mia vita», ha scritto, «Per poter sostenere questi 25 esami circa , sempre in presenza, sfruttando per lo più le uniche sessioni in cui potevo darli (quelle estive nel mio caso per ovvi motivi) ci sono voluti impegno, energie, dedizione, organizzazione, disciplina, ottimizzazione dei tempi, un metodo di studio che all’inizio faticavo a trovare, una plasticità mentale che pensavo di aver perduto, la propensione a sviluppare un pensiero che potesse essere critico, che ha forse costituito la curiosità mia più grande, oltre al fatto di acquisire nozioni che potessero ampliare le vedute dandomi una panoramica generale più completa». Una lezione per tanti ragazzi e famiglie in cui si cullano ambizioni sportive.

In pista e nella vita Sofia non ha mai paura di tirare il suo calcio di rigore, anche se sa che può sbagliare. Chiama “goggiate”, prendendosi in giro, gli errori di irruenza e ingenuità. Forse senza avrebbe vinto di più ma non sarebbe Sofia, e comunque la controprova non c’è mai. Ormai con 65 podi in Coppa del mondo sa che nessuno potrà giudicarla per gli errori, perché in genere è sbagliando e analizzandosi che trova la via per riscattarsi, come oggi. Sa che come canta De Gregori un campione si giudica dall’altruismo, e Goggia ne ha: trasforma le rivalità in occasioni di crescita ed è immune dal virus dell’invidia, prova ne è il rapporto con Lindsay Vonn con cui sta innescando, nella rinascita di Lindsay a 41 anni suonati, una rivalità nuova fatta di amicizia e reciproca stima.

Non le manca neppure la fantasia: difficile immaginarsi una campionessa glamour e social come lei è inventarsi un investimento in un allevamento di galline Livornese DOC che vivono allo stato brado nel bosco, ascoltano musica classica e producono uova biologiche.

Ma questo è il mondo di Sofia, fatto di affetti solidi, di una mamma che non si rassegna a vederla soffrire: «Non perdonava lo sci per quello che mi ha fatto», ci raccontava una volta dopo uno dei tanti tremendi infortuni, «ma adesso ci ha fatto un po’ pace sapendo che è questo a rendermi felice», e un papà nel cui abbraccio si rifugia nei momenti davvero difficili: «Perché alla fine gli affetti sono l’unica cosa che conti».

Non solo, Sofia Goggia è una che sa dire grazie, senza recriminare mai.

Pochi giorni fa sono usciti i portabandiera olimpici e il presidente del Coni Buonfiglio ha ammesso un pensiero per lei, che tra i quattro non c’è. Era designata per Pechino 2022, ma non ha potuto esserci, impegnata fino all’ultimo giorno prima della gara a recuperare l’ennesimo incidente. Sostituita in corsa da Michela Moioli ha portato la bandiera della chiusura, ma non è la stessa cosa.

 L’augurio che le facciamo e che trasformiamo in appello è che nel mistero dell’Apertura di Milano Cortina 2026 ci sia, in qualche punto, uno spazio per Sofia, adatto non solo al suo blasone, ma al suo fair play, alla sua personalità. Se lo spirito olimpico esiste soffia dentro Sofia Goggia e un’Olimpiade in casa un posto d’onore per lei deve trovarlo.