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Il Vangelo di oggi mette a fuoco il racconto delle ultime ore di vita di Gesù facendoci stare a tavola nell’ultima cena. Lì accade il miracolo più grande del mondo e della storia, l’unica cosa necessaria per noi cristiani, l’istituzione dell’Eucarestia. Ma ahimè in quello stesso momento è riportato anche il primo grande oltraggio ad essa: la comunione sacrilega di Giuda. Il problema non è essere peccatori, ma l’atteggiamento con cui ci accostiamo all’Amore di Cristo. Infatti si può essere miseri ma umili, oppure si può essere miseri e superbi. La superbia è pensare di potersi salvare da soli, è la convinzione di essere capaci di manovrare gli eventi, preferendo la propria forza all’amore di Dio.
È sacrilego il cuore di quest’uomo che non vuole più amare ma solo manovrare. Per lui l’Eucarestia non sarà salvezza ma buio: “Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte”. C’è una grande opposizione tra il gesto di Giovanni e quello di quest’uomo. Giovanni reclina il proprio capo sul petto di Cristo, quest’uomo invece mangia per andare via. Giovanni conserva un atteggiamento sacro davanti a Cristo, cioè di amore vero. Giuda invece si sente padrone anche di questa prima liturgia della storia. Dovremmo riflettere molto sull’atteggiamento con cui viviamo anche noi la liturgia. Non siamo i padroni della liturgia, ma solo i custodi. Dovremmo avere sempre la delicatezza di Giovanni, e mai la presunzione di Giuda. Chi manomette la liturgia a proprio piacimento non ha imparato la lezione del Vangelo di oggi, anche se lo fa animato da buone intenzioni. Anche Giuda considerava una buona intenzione costringere Gesù a fare ciò che lui aveva in mente, invece di convertirsi lui a ciò che Cristo aveva tentato di mostrargli per tre lunghi anni di convivenza.
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