Non è facile trovare le parole giuste nel bel mezzo di una pandemia, con centinaia di migliaia di persone che soffrono a causa di un nemico invisibile e mortale. Abituati come siamo a vivere in un società che sembrava aver debellato questo genere di minacce, ci siamo ritrovati, come ha ricordato papa Francesco, in una condizione simile a quella degli apostoli in quel famoso passo del vangelo di Marco che racconta dello smarrimento e della paura dei discepoli, quando in barca sono sorpresi da una improvvisa tempesta.
Ovviamente non è facile reagire positivamente a un evento mondiale di tale portata. Anche perché stiamo combattendo tutti una guerra contro il coronavirus e i suoi pericolosi effetti collaterali, che non è solo la devastante polmonite che tante vittime innocenti ha mietuto. Diamo per certo che vinceremo questa guerra fino alla battaglia definitiva. Dobbiamo tuttavia fare i conti con le macerie umane e materiali che rischiano di travolgerci. Mentre chi ha la responsabilità di governare deve fare tutto il possibile per garantire il bene comune, ciascuno di noi può e deve fare la sua parte. Tutte le crisi possono celare delle opportunità. Alcune sono più evidenti. Altre invece riguardano una realtà sommersa: la nostra coscienza. Se sapremo cogliere il senso più profondo dell’incubo vissuto, allora troveremo una via d’uscita e forse un nuovo modo di stare insieme. È un impegno che dobbiamo assumerci per onorare la memoria dei caduti di questa strana “terza guerra mondiale”.