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mercoledì 30 aprile 2025
 
Il blog di Gianfranco Ravasi Aggiornamenti rss Gianfranco Ravasi
Cardinale arcivescovo e biblista

I calici scintillanti

La Cantina, Trophime Bigot (1579-1650), Firenze, Galleria Uffizi.
La Cantina, Trophime Bigot (1579-1650), Firenze, Galleria Uffizi.

"Non ti affascini il vino che rosseggia scintillando nella coppa, morbidamente fluendo! Alla fine ti morderà come un serpente e ti pungerà come una vipera.
(Proverbi 23,31-32)."

«Il vino mi spinge, / il vino folle che fa cantare anche l’uomo più saggio / e lo fa ridere sguaiatamente, lo costringe a danzare / e gli tira fuori parole che sarebbe meglio tacere». Così Omero in un ritratto efficace della persona ubriaca (Odissea XIV, 463-466). Oh, sì, il calice di vino scintillante è una tentazione a cui, una volta ceduto, si procede lungo una china dolce e impercettibile che ha come tappe solo un appello reiterato che un altro poeta greco, Alceo (VII-VI sec. a.C.), così formulava: «Presto, riempite di nuovo il cratere di vino soave!». E alla fine, ecco la caduta nell’avvilimento che non risparmia nessuno, stupido e saggio. Lasciamo la parola ancora a un autore dell’antichità, il latino Seneca che all’amico Lucilio scriveva: «L’ubriachezza accende e porta alla luce tutti i vizi, togliendo quel senso del pudore che è un freno agli istinti perversi»

Neanche la Bibbia manca all’appello in questa ideale antologia di ammonimenti sapienziali sulla degenerazione che l’alcol può produrre. È ciò che tratteggia in modo vivacissimo il libro dei Proverbi in una sua sezione che ricalca vari elementi della saggezza egizia, in particolare delle “massime” di Amen-em-ope (X sec. a.C.). Il quadretto, dopo il frammento da noi proposto, continua così: «Allora i tuoi occhi vedranno cose strane, la tua mente ti farà biascicare frasi sconnesse. Ti sembrerà di giacere in alto mare oppure di essere sospeso in cima a un albero maestro. Dirai: “Mi hanno picchiato, eppure non sento dolore! Mi hanno bastonato, ma non mi sono accorto. E quando mi sveglierò? Chiederò ancora vino!”» (23,33-35).

La finale, che ripete ciò che diceva sopra Alceo, traccia il cerchio vizioso che ormai s’è creato e che conduce alla dipendenza. È un discorso che ai nostri giorni si potrebbe aggiornare introducendo l’analoga devastazione fisica, mentale e spirituale indotta dalla droga. L’esortazione a essere in guardia contro il vizio della gola, che non per nulla è uno dei sette peccati capitali, è un’indicazione morale sempre necessaria. Perciò, davanti alla coppa rosseggiante che scintilla, sarebbe meglio ascoltare solo musicalmente e non obbedire materialmente all’invito di Violetta, Alfredo e del coro della Traviata di Giuseppe Verdi: «Libiam, libiam ne’ lieti calici, che la bellezza infiora...»

Un altro sapiente biblico, il Siracide, ribadisce la stessa lezione: «Non esagerare col vino perché ha mandato molti in rovina». Ma aggiunge un’altra nota che apre un diverso profilo di questo che è pur sempre un frutto della natura e che «allieta il cuore dell’uomo » (Salmo 104,5): «Il vino è come la vita degli uomini, purché tu lo beva con misura. Che vita è mai quella di chi non ha vino? Esso, infatti, fu creato per la gioia degli uomini. Allegria del cuore e gioia dell’anima è il vino bevuto a tempo e con misura» (Siracide 31,25-28). È su questa linea che il vino può essere assunto a simbolo messianico, illustrandone la gioia, la festosità, la bellezza

Il profeta Amos, infatti, annuncia: «Verranno giorni in cui dai monti stillerà il vino nuovo e colerà giù dalle colline» (9,14). E a lui farà eco Isaia: «Preparerà il Signore degli eserciti un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (25,6). Non è possibile, infine, ignorare che Cristo sceglierà proprio questo segno semplice, che è sulle tavole di tutti i giorni, per farlo diventare destinatario di parole e di una funzione sorprendenti: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi... Vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel Regno del Padre mio» (Luca 22,20; Matteo 26,29).


03 agosto 2011

 
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