Vegliare invocando il ritorno di Gesù
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare». Marco 13,33-34
Si apre con questa domenica il nuovo anno liturgico B, dedicato al Vangelo di Marco, il più breve e il più antico di tutti, che non conserva racconti sull’infanzia di Gesù e si concentra sulla «buona notizia» che è Lui, «il Cristo, Figlio di Dio» (Marco 1,1), per mostrare la bellezza di stare con Lui e gustare la Vita che Lui è e dà, per invitare alla sequela dell’unico Signore. La liturgia invita a «stare pronti», «essere svegli e pregare», «perché non sappiamo quando è il momento», non conosciamo il kairòs del ritorno del Signore (cfr. Vangelo, Marco 13): il primo Avvento, che celebriamo all’inizio dell’anno liturgico, è figura e profezia dell'ultimo Avvento, che abbiamo meditato nelle settimane conclusive dell’anno A fino al giorno solenne di Cristo Re.
«Vegliare» (I domenica di Avvento), «convertirsi» (II domenica), «rallegrarsi» (III domenica) e «affidarsi» (IV domenica) sono le azioni che siamo specialmente invitati a compiere in questo “tempo forte”, che ci prepara a entrare nel Mistero del Natale: ci introduce il Trito-Isaia (I lettura), grande profeta messianico, che invoca Dio, «nostro Padre e nostro Redentore», perché «ritorni», «non ci lasci vagare lontano dalle sue vie e non lasci indurire il nostro cuore». «Non c’è Dio fuori di Lui: Egli va incontro a chi pratica con gioia la giustizia e si ricorda delle sue vie». La stessa convinzione, densa di preghiera, esprime il Salmista, che si rivolge al «Pastore di Israele» e gli chiede di «ritornare», «visitare la sua vigna», sostenere con la sua mano «il figlio dell’uomo, che ha reso forte» (Salmo 79, Responsorio).
Riconosciamo nella liturgia di questa domenica temi e simbolismi già meditati nelle domeniche della fine, che saldano l’Avvento, come ogni anno, alla riflessione escatologica, per invitare alla vera conversione: il Signore «non vuole sacrifici, ma misericordia» (cfr. Matteo 12,7) e chiede a ciascuno di noi atti di giustizia autentica, che realizzino il suo Regno di Pace già sulla terra ed eliminino le strutture di male che angustiano tanti suoi figli, nostri fratelli.
Vegliare significa attendere il Signore, «aspettare la sua manifestazione» rimanendo «saldi fino alla fine, irreprensibili nel giorno del nostro Signore Gesù Cristo» (II lettura, 1Corinzi 1): il cristiano è «figlio della luce e figlio del giorno» (1Tessalonicesi 5,5), sa che Gesù ha già vinto e pertanto vive «nella luce», gioisce già «nel giorno del Signore», è costituito per «essere luce» (Matteo 5,14; Efesini 5,8), illuminare, combattere le tenebre dell’errore, del peccato e del male. Il suo «vegliare», secondo l’invito potente del Signore Gesù, significa vivere da redento e non da dormiente, osservare la storia con lo stesso sguardo del Creatore, agire in essa con giustizia e con carità, scorgervi i «segni dei tempi» e i segnali della presenza di Dio, riconoscere nell’oggi il kairòs della sua benedizione. Egli viene sempre, in questo nostro mondo che attende la salvezza! Maranathà, Vieni Signore!