Chiamati con una vocazione santa
Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Matteo 17,1-3
Le liturgie di Quaresima, nell’anno “A” dedicato a Matteo, prendono spunto dalla sua scelta di richiamarsi all’Antico Testamento per confermare i credenti nella certezza che Gesù è il Messia-Cristo: domenica dopo domenica, la I lettura ci fa percorrere la storia della salvezza, muovendo dalla creazione (I Domenica), attraverso Abramo (II Domenica), l’Esodo (III Domenica), Davide (IV Domenica, laetare), fino ai profeti (V e VI Domenica, delle Palme) che annunciano il Mistero pasquale, al centro della Santa settimana; il Vangelo ci presenta ogni volta un evento significativo della vita di Gesù, compimento delle Promesse custodite dalla Scrittura, oggi rappresentata da Mosè ed Elia, testimoni della Trasfigurazione: il Messia-Cristo è Dio!
Il tema della II Domenica è la vocazione: se il nemico ci inganna e ci induce a peccare, distogliendoci dal disegno di Dio sulla nostra vita (I Domenica), il Signore non revoca la Sua promessa: «Fedele è ogni sua opera, del suo amore è piena la terra; il suo occhio è su chi lo teme per liberarlo dalla morte» (Salmo 32, Responsorio); «ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa», ricorda Paolo a Timoteo (II lettura). La vocazione che abbiamo ricevuto origina dal nostro essere fatti «a sua immagine e somiglianza», chiamati a «coltivare e custodire il giardino» perché fruttifichi, rinnovando la vita; sempre e in ogni luogo, con ogni vocazione particolare, l’uomo è invitato da Dio a «crescere e moltiplicarsi», cioè a vivere in modo pieno e abbondante, a trasmettere e a promuovere la vita (Genesi 1-2). Ecco la chiamata di Abram (I lettura, Genesi 12): uscire da sé stesso e dalle sue sicurezze per realizzare la missione pensata dal Signore e diventare padre di una moltitudine. Dio si rivela ad Abram per la prima volta qui, e già la Scrittura ci ha fatto sapere che sua moglie Sara «è sterile» (Genesi 11,30): la vocazione non è frutto di nostri meriti o capacità, ma di una scelta di Dio per ciascuno di noi, figlio amato, che Egli elegge e fortifica per una specifica missione, donandogli quanto è necessario a compierla.
MISSIONARI NELLA STORIA
La chiamata si fa chiara in un momento preciso, di speciale intimità con il Signore, dopo che Egli «ci ha preso con sé e ci ha condotto in disparte, su un alto monte» (torna il simbolismo matteano della montagna, spazio prediletto dell’incontro con Dio): in quel momento, del quale dobbiamo, tra le traversie della vita, conservare il gusto, la bellezza, la dimensione di eterno nel tempo, abbiamo sentito nel cuore la Parola che confermava la nostra fede («Questi è il Figlio mio, l’Amato: ascoltatelo»), la stessa Parola che ha invitato Abram ad andare, senza conoscere la meta, ma insieme a Colui che è Tutto; lì, come per Pietro, Giacomo e Giovanni, si è manifestato a noi, chiaro e luminosissimo, il Volto dello Sposo, e abbiamo deciso di lasciare la nostra vita di prima per stare con Lui, dove vuole che stiamo: non sempre sul monte, ma più spesso giù, nella nostra quotidiana storia, disegnata dentro un sì che sa sempre di eterno, nel lavoro, nella famiglia, con il coniuge e i figli, dove si dispiega la fatica e certe volte il peccato, si distende la croce, ma proprio lì si apre la salvezza e la gloria.