Testimoniare con coraggio il Risorto
Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?».
Luca 24,30-32
Caratterizza questa III Domenica di Pasqua la testimonianza. La I lettura (Atti) ci offre il discorso di Pietro, rivestito di Spirito Santo, alzatosi in piedi «con gli Undici» per annunciare al mondo la divinità di Gesù, che «Dio ha risuscitato»: «noi tutti ne siamo testimoni». La stessa testimonianza l’apostolo rende nella sua I Lettera (II lettura). Il Salmo 15 (Responsorio) attesta che Dio «non abbandona la nostra vita negli inferi né lascia che il suo fedele veda la fossa». La fede del cristiano si fonda sulla consapevolezza gloriosa della Risurrezione del Signore, primizia e promessa della nostra Risurrezione, dono ineffabile di Dio, che ama la Vita, ne «indica il sentiero» e si compiace delle sue creature.
La pagina evangelica ci colloca ancora nella giornata di Pasqua, sul far della sera: c’è sempre da superare una notte ma siamo sempre, e per sempre, nel giorno glorioso di 50 giorni, nel tempo pieno della Vittoria di Cristo che trasfigura tutta la Storia. Due discepoli lasciano Gerusalemme, la città della Promessa, intenzionati a scendere fino a un villaggio altrimenti ignoto e oscuro: contrariamente a quanto chiederà Gesù (Luca 24,49) i due si muovono, seppure insieme (cfr. Luca 10), per abbandonare il Monte di Dio e inabissarsi, percorrendo una distanza simbolica di «settanta stadi», che dice completezza e definitività. Discutono e «insieme cercano di capire» «ciò che è accaduto»: Gesù, che per loro è il «profeta potente in opere e parole» dal quale «speravano che liberasse Israele», è stato crocifisso. Le donne, ultime tra gli ultimi, dicono che Lui è vivo, ma nessuno lo ha visto, c’è solo un sepolcro vuoto: troppo poco! La delusione li ha indotti ad andare via, forse a tornare alle loro case e alla vita di prima. Gesù si avvicina e «si mette a camminare insieme a loro»: li accompagna lungo un «sentiero» che non è di Vita, condivide i passi, i dubbi, la ricerca, lo scandalo che la Croce ha provocato in loro. Il Signore non ci lascia neanche quando noi lasciamo Lui, quando preferiamo Emmaus a Gerusalemme, le tenebre alla Luce, il baratro alla montagna, una esistenza striminzita alla Vita abbondante che Egli dà: è disposto a percorrere con noi la via del dubbio e dello scoramento per illuminarla di Sé e farci “convertire”, tornare indietro.
CUORE CALDO
Egli è il Maestro: quando spiega le Scritture il nostro cuore si riscalda e desidera che Egli rimanga, per vincere la notte. Egli offre il Sacramento del Pane e scompare: dopo la Risurrezione la Chiesa non trattiene il Signore nella sua esistenza storica, ma Egli è vivo e presente in lei, sua Sposa, «tutti i giorni e fino alla fine del mondo», nella Parola e nell’Eucaristia. Ciascuno di noi fa, nella Messa, la stessa esperienza dei discepoli che si recavano a Emmaus: sempre incontra il Risorto e, anche se è sopraffatto dal buio, ritrova Luce e speranza; «subito» può «alzarsi» e riprendere la strada di Gerusalemme, pur trovandosi nella notte e dovendo affrontare la salita, per annunciare che Lo ha incontrato e che Egli è risorto. Da quella testimonianza, dalla testimonianza quotidiana di ciascuno di noi, fatta di carne, di fatiche, di amore e anche di ferite, prende forza pure la testimonianza dei Dodici: «Veramente il Signore è risorto!».