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venerdì 04 ottobre 2024
 

IV Domenica di Pasqua (anno B) - 21 aprile 2024

Radunati nell'unico gregge del Risorto

 

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conossco il Padre, e do la mia vita per le pecore.

Giovanni 10,14-15

 

La IV Domenica di Pasqua, collocata circa alla metà di questo Tempo Santo, di giubilo e di gloria, è dedicata ogni anno alla figura del “Pastore bello”: la liturgia ci offre sempre un Vangelo tratto dal capitolo 10, simbolico anche a livello numerico, di Giovanni, che contiene un discorso fondativo di Gesù, pronunciato «nel tempio, nel portico di Salomone», rivolto ai «Giudei» (Giovanni 10,24) e incentrato sull’immagine del gregge, di pecore che conoscono la voce del Pastore, si fidano e lo seguono, perché sanno che Egli «dà la vita» per loro. Si sente l’eco di Ezechiele 34, che descrive il popolo di Israele come un gregge in pericolo, guidato da «pastori che pascono se stessi» (v. 2), e profetizza che il Signore stesso «susciterà per le sue pecore un Pastore che le pascerà» (v. 23): allora «gli alberi del campo daranno i loro frutti e la terra i suoi prodotti» (v. 27), «Dio farà germogliare per loro una florida vegetazione e non saranno più consumati dalla fame: sapranno che Dio è loro Signore ed essi gregge del suo pascolo» (vv. 29-31).

È questa, nel contesto doloroso dell’esilio babilonese, la profezia dell’era messianica, che viene richiamata ogni anno, nel centro del Tempo pasquale, riconducendoci alla gioia grande dell’Incarnazione: essa ristabilisce, nell’unico Mistero della Redenzione e nella pienezza della Risurrezione, «l’Alleanza di pace» (v. 25) di Dio con il suo popolo, espressione dell’originaria benedizione di Eden, promessa di Vita senza fine, abbondante e ricca di risorse, elargita all’adam fin dal principio. La vita cui Gesù si riferisce qui, in apertura e chiusura di pericope (Giovanni 10,10.28), è proprio la zoè, la vita nel corpo, richiamata nel mistero grande della Pasqua; il Risorto, «primizia di coloro che sono morti» (1Corinzi 15,20), assicura a ciascuno, nella sua carne e sangue, il sostentamento e la fioritura, per l’eternità, della persona umana nella propria totalità, nell’unità di anima e corpo che le è propria dal momento della creazione. Gesù, «il Figlio di Davide» atteso da tutti i profeti, è «la pietra che, scartata dai costruttori, è diventata testata d’angolo» (Salmo 117, Responsorio); in nessun altro c’è salvezza!» (I lettura, Atti 10). Egli è il «Pastore grande delle pecore» (Ebrei 13,20) cui ogni “pastore” sulla terra, conformandosi a Lui, conduce la porzione di gregge che gli è affidata, per assicurarla alla custodia sicura e affidabile dell’Autore della Vita.

«Il ladro non viene che per rubare, uccidere e distruggere; Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Giovanni 10,10), precisa Gesù agli interlocutori, richiamando la ricchezza e la gratuità originaria della Creazione, invitandoli a comprendere che ne sono destinatari tutti, senza distinzioni, perché Egli «ha altre pecore che non sono di questo ovile, e anche quelle deve condurre», rimproverandoli della loro ostinata incredulità e ribaltando il punto di vista: non sono più “le pecore” ad essere sacrificate o a “sacrificarsi” per il Signore, ma è l’Agnello divino, l’unico vero «Pastore buono» profetizzato da Ezechiele, che «offre da se stesso la vita per le pecore» (cfr. Vangelo Giovanni 10,11.18), per non lasciarle in balia del «lupo, che rapisce e disperde», e dare loro la salvezza potente della sua Vittoria! In Cristo «noi, fin d’ora, siamo figli di Dio», e «quando Egli si sarà manifestato, saremo simili a Lui e lo vedremo così come Egli è» (II lettura, 1Giovanni 3). Alleluia! Buona Pasqua!

 

 


18 aprile 2024

 
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