Meditiamo attentamente queste parole di un grande credente, il filosofo e scienziato francese Blaise Pascal, tratte dai suoi Pensieri: «La giustizia senza la fortezza è inerme. La fortezza senza giustizia è tirannica. Purtroppo noi, incapaci di fare ciò che è giusto, abbiamo fatto giusto ciò che è forte». Ritorniamo, così, sulla terza virtù cardinale, la fortezza appunto, ricordando che essa è sia un dono divino, sia un impegno umano, ossia è frutto della grazia del Signore e della libertà della persona.
Per questo Dio è spesso invocato nei Salmi come «mia forza», e la fortezza è uno dei sette doni dello Spirito Santo (Isaia 11,2). Se Gesù bambino «cresceva e si fortificava», così da essere capace, da adulto, di affrontare la tentazione di Satana e di ingaggiare una vigorosa lotta contro il male, il martire Stefano davanti alla morte sarà «pieno di grazia e di fortezza» (Atti 6,8). La speranza nella vittoria del bene è, quindi, affidata anche all’impegno umano, ma fiorisce soprattutto dalla fiducia nel Dio che dà forza, rendendoci capaci di giungere persino al livello supremo dell’«amore più grande: dare la vita per la persona che si ama» (Giovanni 15,13).
A questo punto ricorriamo a una parabola breve e poco nota di Gesù che può essere sintetizzata in una sola battuta: «Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l’uomo forte; allora ne saccheggerà la casa» (Marco 3,27). Essa è, però, sviluppata dai tre evangelisti Sinottici, Matteo, Marco e Luca, con maggior respiro. La parabola mette in scena «un uomo forte ben armato, che fa la guardia al suo palazzo». Egli è sicuro di sé, certo di poter tutelare i suoi beni. Ma ecco un giorno piombare davanti a quel palazzo «un uomo più forte di lui che lo vince, strappandogli via l’armatura in cui confidava e distribuendo il bottino» catturato.
A prima vista si può leggere questa parabola come se fosse la storia di una sconfitta: Satana, «più forte», può piegare la nostra sicurezza eccessiva, la nostra altezzosa autosufficienza, il nostro orgoglio impudente e imprudente. Infatti, più avanti Gesù continua raccontando che «lo spirito immondo», cioè il demonio, può ritornare, con tutta la sua forza negativa, nella casa purificata di quella persona. Essa, libera dal peccato precedente, si illude di autoproteggersi con le sue forze. Satana, invece, irrompe di nuovo per insozzare e devastare la casa.
Tuttavia l’interpretazione più genuina e più profonda della parabola dei due uomini forti sembra delineare un esito ben diverso e più luminoso. Cristo, e non Satana, è «l’uomo più forte» che può prevalere sull’«uomo forte», il diavolo, piegandolo con la sua fortezza invincibile e liberando coloro che erano imprigionati nel palazzo del male e della schiavitù della colpa. Dio, quindi, è la nostra fortezza che ci rende forti nel combattere l’oscura forza del male.