«Dacci oggi il nostro pane quotidiano», recitiamo nel Padre Nostro e il senso immediato è ben comprensibile, soprattutto se pensiamo alla folla degli affamati del nostro pianeta. I Padri della Chiesa, però, leggevano in quel «pane» anche l’Eucaristia che celebriamo nell’odierna solennità del Corpo e del Sangue del Signore. Lo stesso Dante, nella sua parafrasi del Padre Nostro nel canto XI del Purgatorio, scriveva: «Da’ oggi a noi la cotidiana manna» (v. 13), sulla base del discorso «eucaristico» di Gesù a Cafarnao (Giovanni 6,31-35).
Noi, però, abbiamo scelto di affrontare un tema correlato al cibo, che spesso ci è stato sollecitato, quello della dieta vegetariana. Ora, nel progetto ideale della creazione tratteggiato nel c. 1 della Genesi, è esplicita questa scelta sia per l’umanità, sia per gli animali: «Io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde» (1,29-30).
L’autore sacro sta descrivendo il piano che Dio ha in mente, un disegno perfetto, intessuto di armonie, senza la necessità di prevaricazione di una specie sull’altra per sopravvivere. È ciò che canterà poeticamente anche il Salmista: «Tu fai crescere l’erba per il bestiame e le piante che l’uomo coltiva per trarre cibo dalla terra, vino che allieta il cuore dell’uomo, olio che fa brillare il suo volto e pane che sostiene il suo cuore» (104,14- 15).
Lo stesso autore sacro è, però, convinto che l’esistenza reale è più complessa, la storia è segnata anche da quell’umanità che
Dio ha voluto fosse libera nelle sue scelte, la convivenza degli esseri si complica. Si assiste, così, anche a una degenerazione che fa scattare il giudizio divino, espresso simbolicamente attraverso il diluvio, una sorta di de-creazione. Essa, però, non approda al nulla, ma a una nuova creazione che avrà regole diverse, più realistiche. Si ridimensiona, così, anche l’approccio al cibo.
Nella riedizione del creato e dell’alleanza del Creatore con l’umanità si ha, infatti, questa clausola, in connessione col dominio-governo dell’uomo sugli animali: «Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo. Tutto questo io vi do, come già le verdi erbe» (Genesi 9,3). C’è, però, un’addizione a parte, secondo le norme alimentari ancor oggi rispettate dagli ebrei nel cibo cosiddetto kosher, cioè «puro» e legittimo: «Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue» (9,4).
Si ribadisce, così, il primato di Dio sulla vita in ogni forma, ma si legittima anche la nutrizione con carni animali, riconoscendo che l’attuale situazione storica è diversa dall’ideale condizione originaria. È, così, che si introduce successivamente una legislazione alimentare, spesso normata secondo pratiche ancestrali (le cosiddette «regole di purità»): si prenda in mano la Bibbia e si legga il c. 11 del libro del Levitico.
Non dimentichiamo che l’agnello era al centro del banchetto della Pasqua ebraica (Esodo 12). Gesù stesso si è cibato di pesce (Luca 24,36- 42), ha saputo cucinarlo alla brace (Gio- vanni 21,4-13) ed era in grado di distinguere le specie ittiche commestibili o no secondo le citate prescrizioni alimentari del Levitico (si legga la parabola della rete e dei pesci nel Vangelo di Matteo 13,47-50).