Oggi Como ha salutato Marinella Beretta, la signora che è stata trovata seduta su una sedia nella sua casa, due anni dopo che era morta. C’erano tante persone ai suoi funerali stamattina, ed è un bene. È scattata una solidarietà postuma per farsi carico delle sue esequie. Ma non riesco a non dirmi che è tutto troppo facile e troppo tardi, anche se è meglio di una chiesa vuota. Da quando so di lei, dai giornali come tutti, mi capita di tanto in tanto di pensare alla signora Marinella. A quante Marinella potrebbero esserci vicino a me senza che io me ne accorga. Ci sono voluti due anni perché ci si accorgesse di dov’era andata a finire, cioè da nessuna parte, anzi dov’era sempre stata, dietro la porta chiusa della sua casa. C’è stato bisogno delle frasche del suo giardino diventate in due anni troppo pericolose e invadenti. Le grane prima delle persone.
Che società stiamo costruendo, che regole di "convivenza" ci stiamo dando? Inutile gettare la croce addosso a qualcuno di preciso. Magari Marinella era un tipo riservato, magari era scontrosa e dava l’idea di voler essere lasciata in pace, chissà. Non sappiamo niente di lei, solo la sua fine. Però è difficile accettare che si possa semplicemente eclissarsi dentro la propria casa senza che nessuno si accorga di nulla: nemmeno l’occhiuta burocrazia che non si fa scappare una scartoffia che sia una. Avrà avuto Marinella un conto corrente che non si muoveva, una pensione minima che non ritirava, un medico di base cui non ha chiesto in due anni neanche mezza ricetta. Era usufruttuaria della casa che aveva venduto in nuda proprietà a uno svizzero, nemmeno il proprietario della sua casa ha notato nulla.
Aveva 70 anni Marinella, né pochi né troppi. E assieme a tutta la solitudine materiale che a posteriori immaginiamo, è molto probabile che abbia vissuto un altro problema sociale del nostro tempo: l’esclusione digitale. Colpisce tante persone in Italia, soprattutto se sono donne, se hanno più di 50 anni, se sono fuori dal mondo del lavoro e non sono state tanto a scuola. È una delle forme di povertà del nostro tempo ma nessuno se ne occupa. Non abbastanza almeno.
La pandemia ci ha mostrato che oggi è difficile vivere senza tecnologia, se il Covid fosse arrivato trent’anni fa saremmo alla fame ora probabilmente, il mondo si sarebbe fermato. Davvero. Con le conseguenze ancor più tragiche che possiamo immaginare. Chi oggi non può permettersi un minimo di strumenti tecnologici, perché non può permettersene il costo o perché non è in grado di usarli vive una nuova forma di esclusione, che può essere stata drammatica per molti in tempi di pandemia. Ma anche prima, se Marinella è finita così. E non è un’esclusione marginale, perché significa essere tagliati fuori da tante incombenze materiali necessarie e se non si ha a chi delegare è un guaio. Ma significa anche rischiare un’ulteriore forma di isolamento, perché tutti noi sappiamo che se un cellulare della nostra rete, delle persone con cui abbiamo qualche contatto nella vita quotidiana resta spento per un tempo troppo lungo quello è un segnale di cui preoccuparsi. Specie se appartiene a una persona che di solito lo adopera. Chi sta al di sotto di una certa età o chi ha un sufficiente grado di dimestichezza tecnologica sa che sarebbe stato più difficile che passasse tutto questo tempo se Marinella almeno fosse stata in contatto con qualcuno magari anche a distanza, scambiando un messaggio ogni tanto.
È vero che se uno è davvero solo probabilmente lo è anche con un cellulare in tasca, ma è anche vero che non possiamo non dirci che è pericoloso dividere il mondo tra digitali ed esclusi, perché nell’esclusione c’è sempre una forma di povertà. Papa Francesco la chiama cultura dello scarto. Spesso le persone che hanno l’età di Marinella hanno semplicemente soggezione degli strumenti che potrebbero aiutarle a rimanere un po’ più in contatto con il mondo, perché non sanno come fare e se ne sentono sopraffatte.
In questo Pnrr in cui piovono stanziamenti come noccioline per le compensazioni più impensate qualcuno sta pensando a colmare questo divario generazionale? Ci sarebbe da qualche parte un maestro Manzi che dalla Tv a un’ora decente quotidianamente possa fare quello che tanti anni fa un maestro elementare ha fatto a favore dei tanti analfabeti che ancora c’erano in Italia? Non sarebbe questo il primo compito di una Tv di servizio pubblico?
Poi, certo, tocca anche a ciascuno di noi, porta a porta, domandarsi quante Marinella possano esserci non viste prima che sia troppo tardi. Ma le due cose vanno insieme, trascurarne anche una sola significa coltivare l’indifferenza.
Ma, dato che non possiamo sapere dove va la vita, proviamo almeno a non dimenticare anche se adesso per lei è troppo tardi che ognuno di noi potrebbe essere o diventare Marinella.