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martedì 20 maggio 2025
 
Il blog di Gianfranco Ravasi Aggiornamenti rss Gianfranco Ravasi
Cardinale arcivescovo e biblista

Le parole che anche Cristo pronunciava

Non so quanti siano stati i lettori così coraggiosi e appassionati da aver seguito per oltre un anno questa rubrica piuttosto ardua e certamente curiosa. Essi, comunque, avranno la soddisfazione di poter dire: ho conosciuto e ripetuto nel loro suono originario le parole ebraiche fondamentali che anche Gesù aveva imparato fin da ragazzo e aveva pronunciato, soprattutto il sabato, quando si recava nella modesta sinagoga del suo villaggio, Nazaret.
Talora questi termini comprimevano in sé più significati che non siamo in grado di esprimere con un unico nostro vocabolo corrispondente. In qualche caso persino la pronuncia era per noi quasi impossibile, soprattutto con alcune consonanti aspirate, sibilanti o dentali.
Certo è che, con la sessantina di parole ebraiche studiate, è stato possibile delineare i veri ritratti dei protagonisti della Bibbia, delle loro caratteristiche, delle azioni e dei pensieri.


Così, è entrato in scena Dio col suo nome, con la sua azione creatrice e salvatrice, la sua gloria, la sua parola e benedizione, i suoi angeli messaggeri e i profeti, ma anche il suo avversario, l’idolo Ba‘al e Satana. È apparso anche il suo Messia, re legato alla casa di Davide, Servo sofferente, Emmanuele e artefice di pace.
Uno spazio molto ampio è stato riservato all’altro attore decisivo della storia della salvezza, cioè all’uomo, che è padre e figlio, ha un nome, un volto, uno spirito vitale e la carne, ama e ha viscere di misericordia come Dio, si nutre di pane, vive in una terra, è costituito in popolo tra le altre nazioni, cerca la sapienza e la bellezza.
Ma, con la sua libertà, è anche peccatore, ha perciò bisogno di conversione e di espiazione, è fragile e mortale, destinato agli inferi ma anche all’eternità. Può, però, elevarsi verso Dio attraverso il culto, nel tempio, nel sabato, negli atti e nei giorni sacri come la pasqua, riunito nell’assemblea liturgica ad ascoltare il sacerdote o il rabbì e a intonare l’hallelujah orante. Si apre, così, il grande capitolo della fede biblica che abbiamo sviluppato attraverso un’ampia sequenza di parole tematiche nei loro significati profondi: alleanza, Torah, fedeltà, verità, giustizia, conoscenza, ascolto, ricordo, povertà in spirito.
Abbiamo prima definito come «curiosa» (e non solo ardua) l’avventura vissuta dai nostri lettori. Ebbene, questo vocabolo ha alla base il latino “cura” che implica impegno, tensione e persino preoccupazione e affanno. È, come siamo soliti dire, un «prendersi cura». La fede comprende anche un sapere che esige studio e apprendimento, anche faticoso. Il grande traduttore della Bibbia dall’ebraico e greco in latino, san Girolamo, confessava: «Ogni tanto mi disperavo, più volte mi arresi, ma poi riprendevo con l’ostinata decisione di imparare».
A lui, che era stato instancabile nello studiare «la carne della Scrittura», riserviamo l’ultimo appello: «Leggi spesso le divine Scritture; anzi, le tue mani non depongano mai il libro sacro», imitando Maria «che era santa e aveva letto le Sacre Scritture, conosceva i profeti… e vedeva il neonato che era suo figlio e che giaceva e vagiva nel presepe, ma che era il Figlio di Dio e lo paragonava a quanto aveva letto e sentito nei profeti».


23 dicembre 2021

 
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