Quel meraviglioso stupore dei pastori
[I pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. […] I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Luca 2,16-21
Al centro della scena del Natale i pastori occupano un posto importante. È tutta per loro una rivelazione stupenda – quel bambino adagiato nella mangiatoia è il Messia – e una teofania celeste di angeli. Questi uomini, certamente insieme alle loro donne, figlie e figli, stavano lavorando, stavano custodendo il loro gregge come tutte le notti. Non erano nel tempio, non stavano celebrando una festa religiosa. Stavano semplicemente facendo il loro lavoro, e lì furono raggiunti e travolti da una epifania, da un’irruzione del divino dentro la loro vita. Pochi luoghi sono più adatti di quelli del lavoro per ospitare angeli e messaggi divini.
Erano lavoratori, erano analfabeti, non conoscevano la teologia. Però sapevano le storie dei Patriarchi, di Mosè, di Davide, quelle raccontate tutte le sere attorno al fuoco; sapevano che il loro popolo dal Dio diverso aspettava da sempre un Messia, un Salvatore. E quindi lo aspettavano anche loro. Lo riconobbero perché non avevano smesso di aspettarlo. Lo riconobbero in quel bambino adagiato in una mangiatoia perché non avevano smarrito la fede in una salvezza.
Forse molti scribi e intellettuali di Gerusalemme non riconobbero il salvatore in quel bambino e poi nel Gesù adulto perché avevano smesso di credere che il Messia sarebbe arrivato. Ieri e oggi, la pre-condizione per riconoscere una salvezza è non aver smesso di credere che arriverà. I pastori furono salvati dalla loro semplicità, perché non avendo una loro idea complicata di come doveva essere il Messia credettero semplicemente all’annuncio degli angeli.
«Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori». Non è necessario conoscere molte cose, essere intellettuali ed esperti per narrare le cose di Dio e lasciare tutti a bocca aperta. Troviamo già qui annunciata una delle preghiere più belle di Gesù: «Ti lodo, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli».
UNA FEDE DA ACCOGLIERE.
Tanti di noi hanno ricevuto la fede grazie all’annuncio di un “piccolo”, di un “pastore”, di qualcuno che aveva semplicemente creduto alla fede dei genitori, l’aveva vissuta poi e l’ha testimoniata a noi. Quando invece la fede nasce da eventi troppo sosticati, da parole molto erudite, in genere nasce fragile. La fede è tanto più robusta quanto più è semplice il suo primo annuncio. Certo, la fede va anche pensata, studiata, esplorata: ma prima va accolta alla lettera, ascoltata, e poi raccontata. Gli angeli non andarono ad annunciare quel loro messaggio ai sacerdoti del tempio né alle scuole di scribi di Gerusalemme, forse perché sapevano che quei “grandi” non avrebbero creduto a quella storia troppo piccola.
Quei pastori presenti nel cuore del mistero più grande della fede cristiana ci vogliono allora dire qualcosa di importante: le storie che ci possono salvare sono quasi sempre quelle raccontate da chi è abbastanza piccolo da capire una storia innita. E così continuano a stupirci. Buon anno!