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mercoledì 31 maggio 2023
 
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Cardinale arcivescovo e biblista

MÔT: morte

Il ricordo dei fedeli defunti il 2 novembre ci ricorda che la nostra speranza in Dio è piena di immortalità

 

Novembre, anche in una società secolarizzata come la nostra, conserva l’eco di una tradizione antica, quella del ricordo dei defunti che ha nel calendario liturgico la sua celebrazione il giorno 2 del mese. Abbiamo perciò pensato di proporre il verbo ebraico môt, «morire», che può essere anche sostantivo, «morte», che ricorre esattamente 1000 volte nell’Antico Testamento. Anzi, môt tamût, «certamente morrai!», è il gelido annuncio che risuona fin dalle prime righe della Bibbia (Genesi 2,16).

La morte fisica è il segno del limite della creatura, anzi, è un grande «simbolo» che unisce in sé tante morti dell’uomo, quella del peccato, della solitudine, della miseria, della violenza. Della morte sono striate quasi tutte le pagine della Bibbia: esse convergono verso una morte suprema, quella di Gesù Cristo sul colle di Gerusalemme detto «Cranio», in aramaico Golgota, in latino Calvario. La paura della morte percorre tutti gli uomini della Bibbia.

Si va dall’orante del Salmo 39: «In pochi palmi hai misurato i miei giorni e la mia durata davanti a te è un nulla. Solo un soffio è ogni uomo che vive, come un’ombra è l’uomo che passa». E si giunge al poeta del Salmo 90: «Tu fai ritornare l’uomo in polvere. Lo annienti, lo sommergi nel sonno, è come l’erba che germoglia al mattino: all’alba fiorisce, germoglia, alla sera è falciata e secca». Significative sono le parole del re Ezechia che, guarito da una gravissima malattia, esclama: «Non sono gli inferi a lodarti, o Signore, né la morte a cantare inni, ma è il vivente che ti rende grazie come faccio io oggi» (Isaia 38,18-19). Lo stesso Gesù davanti all’angelo della morte invoca: «Padre, se è possibile passi da me questo calice...». La parola di Dio si incarna, allora, anche nelle paure e nel senso del limite dell’uomo: come abbiamo già visto in passato, l’aldilà in molte pagine dell’Antico Testamento è detto Sheol, simile a una regione spettrale, vuota, in cui si ha una sopravvivenza larvale. Ma la parola di Dio progressivamente aiuta l’uomo a spezzare quella frontiera oscura e a mostrarla in una nuova luce. E questo avviene non solo a Enok o a Elia che attraversano la morte entrando in Dio (Genesi 5,24; 2Re 2). Questo è anche il destino di ogni giusto che, vivendo in comunione con Dio durante la vita terrena, alla morte viene avvolto e conquistato dall’eterno e dall’infinito.

Significativa è la professione di fiducia di due salmisti. «Tu non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Salmo 16,10-11). «Dio potrà riscattarmi, mi strapperà dalla mano della morte» (Salmo 49,16). Il libro della Sapienza, alle soglie del cristianesimo, esalta ormai in pienezza la comunione con Dio oltre la morte: «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio. Agli occhi degli stolti parve che morissero ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono tormenti, la loro speranza è piena di immortalità» (3,1-4). Il Cantico dei cantici, infatti, è convinto che l’amore riesca a tener testa anche alla morte: «Forte come la Morte è l’Amore!» (8,6).

Naturalmente il filo del discorso riguardante «l’altra faccia della vita rispetto a quella rivolta verso di noi ora» – come scriveva il grande poeta austriaco Rainer M. Rilke (1875-1926) – continuerà con prospettive ancora più luminose nel Nuovo Testamento. Tuttavia il seme della fiducia in un «oltre» la vita terrena che non sia un’immortalità pura e semplice, come la concepiva la cultura greca classica per l’anima, ma una comunione con il Dio eterno, tra le sue braccia, è già presente nella tradizione ebraica popolare. Un racconto giudaico, noto anche al mondo islamico, descrive così la morte di Abramo, nostro padre nella fede: «Abramo, quando l’angelo della morte venne per impadronirsi del suo spirito, disse: Hai mai visto un amico desiderare la morte dell’amico? Il Signore gli rivelò allora: Hai mai visto un amante rifiutare l’incontro con l’amato? Allora Abramo disse: Angelo della morte, prendimi!».


04 novembre 2021

 
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