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venerdì 13 settembre 2024
 
Le regole del gioco Aggiornamenti rss Elisa Chiari
Giornalista

Il coraggio e la memoria, non solo Falcone e Borsellino

Arriveranno i cortei, le immagini, i cartelli colorati e quella foto, sempre quella in cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, seduti a un tavolo, già “morti che camminano” , per dirla con un’espressione di Borsellino, consapevoli di esserlo, si sorridono. Il 21 marzo, merito di Don Luigi Ciotti e del grande impegno di Libera è la giornata della memoria e dell’impegno per le vittime di mafia. Per il 2019 il luogo prescelto è Padova.

Quella foto è un’icona, si spera ancora carica di significato per i ragazzi che vanno in piazza con i cartelli che replicano la frase di Falcone e la promessa di essere le gambe su cui le idee degli eroi civili continuano a camminare. Di Falcone e Borsellino ai ragazzi si parla ancora, anche se magari solo per la buona volontà di qualche insegnante che si inventa percorsi di legalità a margine dei programmi. Del resto della storia recente invece non si parla molto e intanto fa discutere, anche se è solo una parte del problema, la riforma dello scritto di maturità che non prevede più un tema storico ad hoc .

Il 21 marzo segue di appena due giorni il 19 e il 18 marzo, rispettivamente anniversario della morte di Guido Galli e Girolamo Minervini, uccisi uno a Milano l’altro a Roma a un giorno di distanza nel 1980. Di loro, a parte pochi addetti ai lavori e quelli che hanno memoria diretta di quegli anni di terrore non parla quasi mai nessuno. Erano giudici anche loro finiti sotto i colpi di Prima Linea e delle Brigate Rosse. A quel buco di memoria ha pensato di rimediare un gruppo di magistrati – tra loro anche nomi noti come Piercamillo Davigo, Ignazio De Francisci, Francesco Lo Voi, Fausto Cardella, Marcello Maddalena, coordinati da Stefano Amore, assistente di studio presso la Corte Costituzione e curatore del progetto: hanno rovistato nei ricordi personali e costruito una galleria di ritratti, per restituire vita e storia ai 27 colleghi – sì 27 non i tre o quattro rimasti nella memoria collettiva – assassinati a causa del loro lavoro, in prevalenza perché con le loro indagini e con i loro processi si sono messi di traverso agli interessi di mafia e ’ndrangheta, terrorismo rosso e nero, ma qualche volta anche perché sono finiti esposti alla vendetta di singoli imputati. L’ultimo è stato Fernando Ciampi a Milano, appena quattro anni fa, ma non se ne parla già più.

Sono ritratti personalizzati, nel senso che tengono conto delle circostanze in cui narratori e protagonisti si sono più o meno casualmente trovati a dividere stanze. Tutto questo rende il racconto un poco disomogeneo: sono diversi gli incontri, le penne, le stanze, gli incontri, i punti di vista. Ma aggiunge umanità, perché il coraggio ha tante forme quante sono le persone che dimostrano di averne. Il titolo Ritratti del coraggio (Casa editrice Nuova scienza) allude a un precedente di John Fitzgerald Kennedy Profiles in courage, e prende le mosse da una sua frase, che, forse per caso forse no, ha abitato le stanze e le tasche di Giovanni Falcone, ovunque sia andato: «Un uomo fa il suo dovere- a dispetto delle conseguenze personali, nonostante gli ostacoli, i pericoli, le pressioni - e questo è il fondamento della moraltà umana».

Che cosa accadrebbe, si chiede Stefano Amore, se dovessimo essere colpiti da un’amnesia collettiva? «Sarebbe compromessa, in modo irreparabile, la nostra identità. Torneremmo a essere schiavi della mafia, del terrorismo, della violenza, del totalitarismo, delle nostre paure».


20 marzo 2019

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