Sono una docente di Matematica dell’Università di Salerno. Vorrei condividere la mia esperienza sugli esami online. Per lo studente l’esame è sempre un momento carico di tensione. L’esame in presenza mi ha sempre consentito di “capire” meglio se e quanto lo studente abbia studiato, e di cogliere il suo stato d’animo. Faccio questo lavoro da 34 anni, ho maturato un po’ di esperienza. E mi aiuta una personale sensibilità. Ma questi esami online mi mettono a disagio. Io entro nelle loro case e mi sembra di violare la loro privacy. Le linee guida dell’Ateneo ci dicono giustamente che gli studenti devono essere muniti di webcam e di connessione. Devono mostrarci un documento per essere identificati e la stanza in cui si trovano, per rendere evidente che sono soli. È giusto: l’esame è un momento “ufficiale” della loro vita accademica. Ma io “entro” a casa loro con un certo imbarazzo. Entro nelle loro camere. Arredate con semplicità, camerette ancora di ragazzini, spesso in condivisione con altri. Mi colpisce che sono tutte in ordine: qualche mano accorta, la mamma o loro stessi, ha provveduto a riordinare. Vedo i poster alla parete, e so i gruppi musicali che amano o la squadra per cui tifano, vedo i loro peluche portafortuna. Nelle camere delle ragazze a volte ci sono ancora le bambole, o le foto della Prima Comunione. Mi fanno una tenerezza questi ragazzi che frequentano un’università pubblica del Sud e sono ancora a casa dei genitori. Maledetto virus! Mi ha costretto a invadere gli spazi dei miei studenti. Per consentire loro di poter sostenere l’esame. E ora forse li conosco meglio.
BEATRICE PATERNOSTER
Grazie per questa testimonianza. Il testo completo si trova sulla pagina Facebook dell’Università di Salerno. Le tue parole, cara Beatrice, testimoniano vera umanità, affetto, senso materno, pur nella serietà degli esami. Come mi hai scritto nella lettera di accompagnamento, c’è molto da riflettere su didattica ed esami a distanza, sulla privacy e sulle disuguaglianze sociali e territoriali. La tecnologia è una grande risorsa, ma non può sostituire il contatto “dal vivo”. E anche “in presenza” è sempre importante la sensibilità personale. Il volto dell’altro, sottolineava il filosofo Lévinas, non solo lo manifesta, ma lo rende una “traccia dell’infinito”. Un altro aspetto importante è la disuguaglianza emersa in questo periodo, con le difficoltà di connessione, le differenze tecnologiche tra le famiglie. Serve l’impegno di tutti, a partire da chi governa, per annullare il divario di accesso alle tecnologie.