La Settimana Santa, che si apre in questi giorni, è certamente un tempo di sofferenza, di oscurità, di tradimento e morte. Noi, seguendo l’itinerario che stiamo percorrendo, ci immetteremo in un’altra galleria oscura, quella del vizio. In particolare rifletteremo su un peccato che ha sempre avuto un primato nella convinzione comune e persino nella predicazione ecclesiale, la lussuria. In verità abbiamo ripetuto che al vertice dei sette vizi capitali a dominare è la superbia. Tuttavia, ancor oggi per molti è la sessualità deviata l’oggetto più intenso dell’interesse e del giudizio morale.
Questo è evidente in un dato odierno sconcertante, il trionfo della pornografia virtuale, in tutta la gamma delle perversioni, talora orrende e infami. Lo è anche nella piaga che ha ferito in modo gravissimo la Chiesa attraverso la pedofilia dei sacerdoti e degli educatori. Lo è nella comunicazione di massa, sempre più carica di rimandi pesantemente erotici, in una logica di mercato brutale e sessista. È sempre sorprendente, a ben badarci, che si usino comunemente espressioni come «consumare» l’atto sessuale, quasi fosse un esercizio gastronomico, o «fare l’amore» che riduce una realtà interpersonale così complessa a un oggetto da manipolare o a un atto da eseguire.
Ebbene, noi ora vorremmo – nelle poche note sparse che dedicheremo in queste settimane al peccato sessuale – puntare invece a un abbozzo positivo, consapevoli come siamo che ogni vizio sboccia simile a un fiore velenoso da una radice che è, però, sana e santa. C’è una trilogia meravigliosa che la persona umana deve inanellare quasi come in una collana. Innanzitutto noi abbiamo ricevuto una fisicità sessuale che un detto medievale definiva bonum donum Dei. È appunto la nostra genitalità, la pulsione sessuale, l’istinto di accoppiamento e di generazione, che ci accomuna a tutto il regno degli animali e dei viventi.
Ma l’umanità ha la capacità di ascendere a un piano superiore di natura simbolica: è l’eros che è passione, tenerezza, fascino, attrazione, scoperta della bellezza. In questo ambito si sviluppa la trama dei sentimenti, dei contatti delicati, del bacio, del velarsi e dello svelarsi. Siamo, quindi, lontani dal concetto comune di erotismo che sconfina nella materialità bruta della pornografia, fissa solo sulla fisicità sessuale carnale. Diverso è, invece, l’eros dolce e creativo dei due innamorati.
Tuttavia, la persona umana può trasfigurare sesso ed eros e giungere a un livello tipicamente umano: è l’amore che ingloba appunto la sessualità e l’eros e li esalta nella comunione piena e nella donazione reciproca dei corpi e delle anime. Questa meta suprema non esclude le precedenti ma le eleva a un livello più alto, come insegna quel capolavoro assoluto che è il Cantico dei cantici. Certo, in quel poemetto biblico è presente la sessualità coi corpi descritti dei due protagonisti, Lui e Lei. Si celebra anche la bellezza e la tenerezza dello stare insieme abbracciati nel fascino dell’eros. Ma il legame perfetto che unisce i due è l’amore che la donna del Cantico definisce in modo folgorante come donazione reciproca: «Il mio amato è mio e io sono sua… Io sono del mio amato e il mio amato è mio» (2,16; 6,3). Spezzare la trilogia sesso-eros-amore, riducendola solo a una componente fisica è, alla fine, il vizio della lussuria che descriveremo nelle successive puntate del nostro viaggio nell’orizzonte cupo del peccato.