Chiamati a vivere l’eredità dell’amore
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato.
Giovanni 3,16-18
La grazia del Signore Gesù, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo sono con tutti noi»: è questo che ci permette di «essere gioiosi, tendere alla perfezione, farci coraggio a vicenda, vivere in pace, salutarci con il bacio santo. Il Dio dell’Amore e della pace è con noi» (II lettura, 2Corinzi). La grandezza del dogma trinitario si offre all’uomo nella sua pienezza e verità, mostrando un Dio vicino, amico, non chiuso in una turrita perfezione ma presente in mezzo a noi, vivo, abitante per grazia in ogni battezzato: di questo Dio l’adam maschio e femmina, che come la Trinità è unum ma non unus, è «immagine e somiglianza» (Genesi 1,26).
Il nostro Dio, Amore e Relazione di Persone, che ci ha fatti per sé e ci vuole con sé nella sua eternità, è lo stesso ieri, oggi, sempre: celebriamo la Trinità, tutti gli anni, immediatamente dopo il Tempo di Pasqua, nella prima delle solennità del Tempo ordinario che seguono la Pentecoste e ci aiutano a comprendere come dopo l’evento pasquale, che abbiamo meditato nel giorno glorioso e pieno dei 50 giorni, tutto è trasformato dal mistero della salvezza e dal dono dell’Alleanza nuova. Il mondo e l’umanità sono immersi per sempre nella Pasqua del Salvatore: il Corpo di Gesù, offerto nella Santa Cena quale memoriale e sacramento, e lo Spirito del Signore emesso sulla Croce, effuso sugli apostoli nel respiro di vita del Cristo (Giovanni 20,22) e nella discesa del Paraclito, sono la certezza che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe è sempre con l’uomo, creatura che ama di un amore sponsale, dal principio della storia e fino alla fine del mondo, indipendentemente da come ciascuno accolga questo grande dono. La presenza di Dio, che «penetra con lo sguardo gli abissi e siede sui cherubini» (Daniele 3, Responsorio), è un fatto, una verità che la nostra insipienza non può cambiare; l’amore del Signore è una realtà che nessuno può distruggere: credere in Lui dà la salvezza (Vangelo).
Il Dio che ha risuscitato Gesù dai morti è lo stesso Dio che «è sceso nella nube, si è fermato presso Mosè e ha proclamato il Nome del Signore: il Signore, il Signore, misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (I lettura, Esodo 34). Dio si china sul popolo e rivela il proprio «Nome» in un momento di grande peccato: Israele, pur avendo visto i prodigi del Signore, la liberazione dall’Egitto, l’apertura del Mar Rosso, ha preferito l’idolatria; Mosè, il mediatore, figura del Cristo Salvatore, ha continuato a intercedere e Dio si manifesta a lui con il Nome della Vita e dell’Amore, promettendo il perdono e assicurando che Israele sarà «la sua eredità». Il Dio di Mosè è lo stesso Dio di Gesù, misericordioso e pietoso: Egli «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Chi crede in Lui non è condannato» (Vangelo, Giovanni 3). Custodiamo con fervore la fede nel «Nome dell’unigenito Figlio di Dio», l’unico Nome che salva!