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sabato 12 luglio 2025
 
Rito romano Aggiornamenti rss don Gianni Carozza

SOLENNITÀ DELLA SS. TRINITÀ (ANNO C) - 15 GIUGNO 2025

Uno sguardo all’interno del mistero di Dio

«Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà» Giovanni 16,15

Alla chiusura del tempo pasquale la liturgia propone una domenica dedicata alla Santissima Trinità con l’invito a ripensare tutta la storia della salvezza in cui Dio si è rivelato come una comunità di persone che si amano. Il brevissimo passo evangelico (Giovanni 16,12-15) può essere considerato come una finestra – appena socchiusa, ma preziosissima – che ci permette di dare uno sguardo all’interno del mistero di Dio.

In questo brano Gesù è l’unico che parla in prima persona, e parla del Padre, di sé stesso e dello Spirito: «Tutto quello che il Padre possiede è mio, e tutto quello che è mio lo Spirito Santo lo darà a voi». È questione davvero di amore. Si rischia di andare fuori strada quando si cerca la comprensione del mistero di Dio attraverso vie diverse da quelle dell’amore. La Trinità non sono tre persone giustapposte, ma tre generosità che si donano l’una all’altra in pienezza. Ciascuna delle tre persone è per sé stessa solo essendo per le altre due.

Nella Trinità, in cui la reciprocità è perfetta, l’amore stesso è una persona, lo Spirito Santo: amore del Padre per il Figlio, amore del Figlio per il Padre. Un bacio reciproco, se si vuole. Ed è questo Spirito che guiderà i discepoli alla comprensione di quella verità che ora non sono in grado di portare e assisterà la comunità nel difficile compito di unire la fedeltà e la novità, la memoria al rinnovamento. Dal momento che sappiamo chi è Dio – anche se è una realtà molto misteriosa – sappiamo quello che dobbiamo essere. Troppo spesso le nostre relazioni sono possessive e dominatrici. Invece di accettare e rispettare l’altro così come è, tendono a catturarlo, a sottometterlo, a piegarlo ai propri interessi.

Per amare come si amano le tre persone divine bisogna essere sé stessi, il più profondamente e il più consapevolmente possibile. Bisogna volere che gli altri “siano”, il più profondamente e il più consapevolmente possibile. E non volerlo soltanto con il pensiero, con il desiderio, ma operare perché essi lo siano. L’amore trinitario ci obbliga a escludere la volontà di potenza e il desiderio di annessione. Per rispecchiare l’immagine di Dio, la relazione deve essere tale da esprimere un amore umile e mite, fiducioso e generoso fino a poter dire: «Quello che è mio voglio che ora sia anche tuo». Forse dopo questa riflessione sulla Trinità restiamo con il senso di disagio che ci è abituale quando non riusciamo a capire cosa vorremmo.

Ma c’è una cosa che dovrebbe essere chiara: a nulla serve credere nella Trinità se questa fede non si incarna nella vita e non viene professata attraverso le relazioni di tutti i giorni. Ancora una volta è il caso di dire che mentre ci sono cristiani che rinnegano con la vita quello che professano a parole, ci sono persone non credenti che, senza saperlo, danno testimonianza a favore della Trinità con una vita di relazioni limpide e generose. La vera fede nella Trinità, più che nei segni di croce, si esprime in quei gesti di amicizia che mettono in circolazione la comunione di amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.


12 giugno 2025

 
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