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sabato 12 ottobre 2024
 

V domenica di Pasqua - 10 maggio 2020

La strada di Cristo è la relazione col Padre.

Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me [...]». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre». Giovanni 14,1-12

Non sia turbato il vostro cuore». Mica facile. Nell’attuale contesto, poi, con le prospettive che ci possono balenare davanti, vale la pena di capire bene questo invito di Gesù. Nella nostra lingua il turbamento indica un’attitudine interiore – e infatti si parla del cuore –, ma il verbo greco parla più del risultato di uno scossone che di un atteggiamento, per cui sarebbe uno sbalestramento o un crollo di punti di appoggio dovuto allo sconvolgimento dell’assetto.

Quale sarebbe il problema che produce tale caos? Lo rintracciamo nella rassicurazione: «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore». Il problema che minaccerebbe il cuore sarebbe quindi quello che si gioca sul bisogno di una dimora, di un riparo sicuro.

Infatti questo è il primo trauma dell’uomo, il suo primo pianto, vissuto nella nascita: si esce dal grembo e si affronta da subito, senza capirlo, il tema della destinazione: dove sto andando? Dove mi state portando? Che fine faccio?

Non è un problema dei neonati, ma di tutta la vita. Ancora oggi non so mai veramente dove vado a finire: che ne sarà di me? Tante cose mi spaventano.

Gesù parla subito del Padre, perché è nella Sua casa che c’è la risposta alla nostra inquietudine nativa, come dice il Salmo: «Solo in Dio riposa l’anima mia» (Sal 62,2). Ma questo bel concetto può anche suonare astratto e lontano. Ed è qui forse la cosa più importante, perché questa dimora non è per noi solo una méta, e già non sarebbe poco, ma di più: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me». Non si tratta di un viaggio da dover fare di nostro, come un valico da superare con le nostre povere risorse; Gesù ne parla come di un’opera Sua: tornerà a prenderci e ci porterà con Lui.

NELLA SUA CASA.

Sono due maniere di intendere la nostra vita: una lunga prova di forza per procurarsi un riparo sicuro, oppure giorno per giorno lasciarsi prendere e portare al Padre. Tutto quel che ci accade è perché il Signore ci sta portando nella Sua casa. Tutto. Dio si può servire delle cose più disparate, anche di una pandemia.

Ma il Signore aggiunge che di questa casa dalle molte dimore noi conosciamo il sentiero. Tommaso, il didimo – che vuol dire gemello –, colui che deve sempre verificare se una cosa è autentica, fa la più logica delle domande: «Non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?».

Ma Gesù ha altre strade per spiegare le cose: non ci dà una mappa, non ci consegna una scorciatoia. La strada che ci indica è la stessa che percorre Lui. In certo senso non è neanche il Calvario o il Santo Sepolcro il luogo del passaggio, ma sempre e comunque la relazione con il Padre, a prescindere dal territorio. Io conosco la via perché conosco il Padre e tu conosci la via al Padre perché conosci me. Basta quello. Non serve aver memorizzato tutte le curve e i bivi. Quando conosco Cristo, quando ho memoria di Lui, allora so quando si gira, dove ci si ferma, come si cammina. La regola è restare con Lui, costi quel che costi. Allora si arriva sempre.


07 maggio 2020

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