In Cristo, pietre vive dell’unica Chiesa
[Gesù disse] «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: «Vado a prepararvi un posto»? Giovanni 14,1-2
Il Vangelo di questa Domenica V di Pasqua ci colloca nel contesto della Santa Cena: Gesù ha appena affidato agli apostoli il Memoriale del suo Corpo e del suo Sangue e ha lavato i loro piedi. C’era ancora anche Giuda, che è uscito poco dopo e «farà presto quello che farà» (cfr. Giovanni 13,27). Gesù rimane con gli Undici e parla a lungo con loro. Lui è la Parola eterna del Padre: prima dell’Ora fortifica i suoi, li invita a custodire un cuore confidente e a non avere paura. Egli “va a preparare un posto” per ciascuno, perché “molte sono le dimore nella casa del Padre”: Egli è «la via, la verità e vita», con Lui e per Lui ognuno vive e già «vede il Padre» perché «ha visto e incontrato Lui». Egli rimane con noi, noi siamo chiamati a rimanere in Lui, nella Chiesa suo Corpo e sua Sposa, «costruiti quali pietre vive come edificio spirituale» (II lettura, 1Pietro 2) per «portare molto frutto», perché «senza di Lui non possiamo fare nulla» (cfr. Giovanni 15,5): non si tratta di affannarci in compiti e funzioni, ma di stare con Lui, di rimanere in Lui, di attingere alla sorgente inesauribile della Vita che è Lui.
La tentazione del fare può distogliere dall’essere discepoli e dal restare alla sua sequela: essa è frutto delle insidie del nemico, che tenta di insinuare nei diversi contesti di vita (tra gli sposi, nelle famiglie, in ogni comunità, nella stessa Chiesa) il dissidio e la mormorazione. Ai primi dissensi interni che toccano la Chiesa delle origini, pur perseverante nell’unità (I lettura, Atti 6), gli apostoli rispondono in modo sinodale, con discernimento e attenzione alla voce dello Spirito, consapevoli che di fronte all’azione di Dio, che benedice i fedeli in Cristo e li «moltiplica» (è questo il verbo delle benedizioni di Genesi, che dichiara il dono della vita abbondante e infinito, cfr. Genesi 1), interviene sempre il maligno, che tenta di dividere, distruggere e minacciare la comunione, inducendo a parlare contro Dio e contro i suoi ministri (la «mormorazione» esprime, nell’Antico Testamento, l’azione ingrata del popolo, nonostante i benefici ricevuti). Il conflitto, la parola che divide, il pensiero invidioso o giudicante sono una grande tentazione che minaccia tutta la comunità.
AL SERVIZIO DELLA COMUNITÀ
I sette uomini che l’assemblea dei discepoli individua e su cui gli apostoli «impongono le mani», assegnando compiti diversi e complementari rispetto a quelli riservati al loro ministero, vengono posti al servizio della comunità quali marturùmenoi: non solo “riconosciuti e apprezzati”, ma tali, nel loro ruolo di diakonìa (servizio), da essere luminosi “testimoni” della Verità che è Cristo (tra loro è Stefano, il primo “martire”). In essi, come negli apostoli, agiscono «lo Spirito e la Sapienza» di Dio: ciascuno al suo posto, quello preparato da Cristo, con la nostra specifica vocazione, custodendo l’unità e chiedendo che «sia su di noi l’amore del Signore» (Salmo 32, Responsorio), collaboriamo all’unica missione per la salvezza del mondo. Con Gesù, credendo in Lui, «compiremo le opere che Lui compie». Di più (è “il più giovanneo”): Gesù nel Vangelo assicura che «ne faremo di più grandi». Comprendiamo ciò che significa, quale vocazione santa ci è stata affidata in quanto “cristiani”, Figli e Fratelli in Cristo?