Custodire il cuore nell’amore di Dio
Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge. Matteo 5,17-18
Prosegue l’insegnamento di Gesù alle folle. Ci troviamo «sulla montagna», luogo teologico ove Matteo colloca eventi significativi: oltre al Discorso che ascoltiamo in queste settimane, «sul monte» avvengono le tentazioni (4,8), la trasfigurazione (17,1), momenti di fervente preghiera (14,23), l’invio per la missione dopo la Risurrezione (28,16). La montagna evoca, nella tradizione biblica cui Matteo si richiama esplicitamente, la santità e la presenza di Dio (cfr. Salmi 2,6. 3,5. 48,2-3. 68,17): «sul monte» si innalza la «casa del Signore» e ogni credente desidera tornarvi, salirvi e dimorarvi (cfr. Salmo 15,1.24,3.43,3-4).
Nel deserto, durante il cammino del popolo prediletto, salvato dalla schiavitù dell’Egitto, verso la Terra Promessa, Dio si rivela a Mosè «sul monte» Sinai e consegna la sua Alleanza, culminante nelle Dieci Parole: non si tratta di un arido insieme di prescrizioni e norme, ma della Parola amante di un Dio amico e vicino, che è Padre, Figlio e Fratello, che è Spirito vivificante, Vita, Vivente che dà la Vita. Attorno alla “Legge”, dono di Dio, ruota la liturgia di queste due ultime domeniche prima della Quaresima: Gesù, il vero e unico Maestro, preconizzato da tutte le figure messianiche dell’Antico Testamento, commenta il cosiddetto “codice dell’Alleanza” e manifesta che esso è finalmente pieno proprio nella sua persona, perché Lui è il compimento delle Promesse. Egli non è «venuto ad abolire la Legge e i Profeti», ma a rivelarne il senso e la sapienza profondi, prima nascosti (1Corinzi 2, II lettura): si ripete molte volte in questo passo la locuzione «Avete inteso che fu detto... ma io vi dico», con cui Gesù esamina diverse norme della Torah per chiarirne la portata. Dio ci ammaestra nella nostra libertà: ci «ha posto davanti fuoco e acqua», «la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.
Grande è infatti la sapienza del Signore: a nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare» (Siracide, I lettura). L’autore sacro ci mette in guardia: c’è il rischio di stravolgere la Legge di Dio, di orientarla a nostro piacimento, di non accorgerci che compiamo il male che non vorremmo compiere (cfr. Romani 7,19); Gesù, richiamando il Decalogo, chiarisce che una persona non si uccide solo con la spada, ma anche con parole cattive, additandola come «stupida» e «pazza», e distruggendone così l’immagine negli altri; il coniuge non si tradisce solo fisicamente, ma allontanandosene già col pensiero, non custodendo l’intimità e la relazione, non esercitando la tenerezza, lasciando che lentamente si spenga la fiamma dell’Amore suscitato da Dio.
CUSTODIRE BENE
La capacità di custodire, che viene da Dio, è la chiave di lettura della liturgia di oggi: la Legge del Signore «custodisce» chi la osserva (I lettura); il credente è chiamato a «custodire» gli insegnamenti di Dio (Salmo 118, Responsorio) e la rivelazione ricevuta dallo Spirito (II lettura); Gesù ci invita a custodire il cuore e la lingua, per custodire noi stessi e chi ci è accanto: «Sia il vostro parlare sì, sì, no, no, il di più viene dal maligno». Che ogni nostra parola, come quella del nostro Maestro, sia sempre segno dell’Amore che salva.