Dare ragione della speranza che è in noi
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Giovanni 14,15-17
La VI domenica di Pasqua precede le solennità dell’Ascensione e della Pentecoste: la Chiesa nascente, fortificata dalla presenza del Risorto e vivificata dalla Vita senza fine che Egli è e dà, si prepara a proseguire “nella gioia” per diffondere nel mondo la lieta notizia dell’Amore che salva, certa che Cristo, suo Sposo, è con lei fino alla fine del mondo (cfr. Matteo 28,20).
La I lettura (Atti 8) ci presenta la missione feconda degli apostoli in Samaria, i cui abitanti erano considerati eretici dal giudaismo ortodosso, e il gran numero di miracoli che avvengono, per mano di Filippo, proprio presso le città dei samaritani: secondo la promessa di Gesù nel discorso del commiato, che abbiamo meditato domenica scorsa, i Dodici, rivestiti dello Spirito del Signore, compiono le stesse opere di Gesù, e anzi vedono con i loro occhi che, attraverso loro, si verificano opere ancora “più grandi” e si realizza il “più giovanneo”, quel “più” che, secondo le narrazioni del quarto Vangelo, Gesù aveva assicurato ai suoi in forza della sua glorificazione, per il fatto che Lui, il Maestro e Signore, è presso il Padre, onnipotente (Giovanni 14). Molti samaritani, ordinariamente ostili e infedeli, accolgono la predicazione sul Cristo e chiedono il Battesimo: scende anche su di loro lo Spirito di Dio, che fa nuove tutte le cose, «e vi fu grande gioia in quella città». Il Salmo 65 (Responsorio) invita a «vedere le opere di Dio»: «per questo esultiamo di gioia». «Sia benedetto Dio: non ha respinto la preghiera e non ha negato la sua misericordia». Il credente porta nel cuore la certezza di un Amore potente, che supera il tempo e vince il mondo: forte di questo Amore, che lo spinge a diffonderne l’annuncio, egli è «pronto sempre», in ogni circostanza, «a rispondere a chiunque gli domandi ragione della speranza che è in lui» (II lettura, 1Pietro 3). La nostra Speranza, «piena di immortalità» (cfr. Sapienza 3,4), si fonda sulla Fede nella Risurrezione ed è infuocata dalla Carità, espressione del Dio che non delude, Amore e Relazione tra Persone: la Carità, la virtù fondativa che «non avrà mai fine» (cfr. 1Corinzi 13,8), ci consente di rivolgerci al mondo, per annunciare Cristo, «con dolcezza e rispetto».
SEMPRE CON NOI
«Caritas Christi urget nos» (cfr. 2Corinzi 5,14). Dall’Amore di Cristo tutto ha origine; se veramente Lo amiamo verrà a noi con pienezza il Paràclito, l’Amore stesso, e osserveremo senza fatica i comandamenti del Signore, che si riconducono all’amore di Dio e del prossimo e aprono alla vera libertà: «Ama e fai quel che vuoi», diceva Agostino. Il Vangelo insiste sulla certezza che il Signore non ci lascia soli e ci promette un Amore senza fine: Egli ci accompagna sulle strade del mondo e ci ha lasciato, «perché rimanga con noi sempre», «lo Spirito della verità, che il mondo non conosce», ma che «è in noi». La circolarità dell’Amore, che è Dio ed è la Vita stessa, è al centro di questo Vangelo: noi viviamo perché Cristo vive. Egli è nel Padre, noi siamo in Lui e Lui è in noi. Se amiamo Lui, siamo amati dal Padre, ed Egli si farà vedere a noi. E chi vede Lui vede il Padre. Il Vangelo non parla al futuro, si riferisce al nostro presente, pieno di Dio. Crediamo questo? Comprendiamo veramente la nostra ricchezza?