Nella Scrittura troviamo rappresentata in diversi modi la relazione del Creatore con le sue creature, una relazione sempre generativa, segnata dal bene e dalla cura. Le immagini più frequenti sono quelle legate ai rapporti familiari, in particolare la relazione dello sposo e della sposa e quella del genitore nei confronti del figlio. Una forma presente e spesso usata per descrivere una modalità fuorviante è la relazione schiavo-padrone, così come più volte la predicazione profetica ha messo in evidenza. Il popolo invece di servire Dio nella libertà e nella fedeltà, si rivolge alle divinità straniere, a Baal, che tradotto significa proprio “padrone”, dunque un dio-padrone da temere e da servire, che non rende liberi ma schiavi. La cosa sorprendente però è che questa modalità di mettersi in relazione con Dio viene proprio dall’uomo che, per paura o per convenienza si comporta non da figlio ma da servo. Ricordiamo certamente la parabola dei due figli, il minore che se ne va di casa sperperando quanto ha ricevuto dal padre e il maggiore che invece rimane a casa, ma al momento buono scopriamo che ha vissuto in casa non da figlio ma da servo, dice infatti al padre rimproverandolo per aver riaccolto il figlio minore: «Io ti servo da tanti anni… e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici…». Su questo sfondo il Vangelo di questa domenica ci sorprende ancora di più perché attraverso una parabola sembra che il Signore Gesù voglia esasperare proprio questa immagine del rapporto servo-padrone. Come accadeva nell’antichità il servo della parabola è in realtà un vero e proprio schiavo, tenuto a servire il suo padrone fino alla fine, cioè finché non aveva terminato il suo servizio al padrone, non aveva diritto a fermarsi e riposarsi. Nei suoi confronti dunque non c’era nessuna riconoscenza, ma solo qualcosa di dovuto. Sappiamo però che nella visione biblica, Dio è colui che dona gratuitamente, che tratta ogni sua creatura come figlio amato, senza distinzione alcuna. Sembra dunque che la risposta che il Signore suggerisce ai suoi ascoltatori sia un po’ stonata, fuori da una visione autentica, facendo loro dire dopo aver lavorato duramente tutto il giorno: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». Ma la gratitudine di cui parla il Vangelo è il punto chiave, esattamente è la “grazia”, segno dell’amore gratuito di Dio Padre: un padrone non può avere gratitudine, quindi sembra dirci il Vangelo, se vi mettete davanti a Dio da schiavi, non potrete che sperimentare severità e durezza. Ma Dio è creatore e Padre, lui conosce solo l’amore gratuito e dunque potrà manifestare solo gratitudine a tutti coloro che, al termine della giornata terrena, si presenteranno a lui, senza alcuna pretesa e solo con grande fiducia. Dice infatti il vangelo di Luca che a quel punto si ribalteranno le parti, il Signore al ritorno dalle nozze «li farà mettere a tavola e passerà a servirli» (12,37), come nella lavanda dei piedi. Dipende da noi dunque se cerchiamo un Padre o un padrone.