Amare come Gesù: la zizzania col grano
«Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio»
Matteo 13,30
Dopo la parabola del seminatore, che percorre il mondo distribuendo il buon seme su ogni terreno, lo sguardo si concentra oggi sul campo, un terreno buono in cui il grano può crescere e portare frutto (Matteo 13). «Un uomo», proprietario del campo, «ha seminato del buon seme ma, mentre tutti dormivano, il suo nemico ha seminato della zizzania in mezzo al grano». C’è un «nemico» che colloca altri semi nei campi ove il «padrone della messe» ha seminato con cura e amore perché portino frutto: c’è un nemico che non ama la vita, vuole distruggere il seme e le piante e lo fa usando altre piante che ha reso adatte a portare disordine.
Di fronte alla tentazione, prospettata dai suoi servi, di estirpare la zizzania, il padrone dichiara che questa deve essere mantenuta, perché «con essa non si sradichi anche il grano». «L’uno e l’altra», simili di aspetto, devono «crescere insieme fino alla mietitura» e solo allora, in quel momento estremo, verranno raccolti e distinti, la zizzania per essere bruciata e il grano, buon frutto cresciuto da un seme buono, per il granaio. C’è anche «il granello di senape, il più piccolo di tutti i semi, che diventa un albero e gli uccelli ci fanno il nido»; c’è «il lievito, che una donna mescola a tre misure di farina finché non sia lievitata». Le cose piccole e apparentemente insignificanti diventano grandi grazie all'intervento del Signore che dona Vita; «lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza» (II lettura, Romani 8) e persino ciò che sembra inutile o dannoso può diventare buono nelle mani di un Dio che «perdona», è «misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Salmo 85, Responsorio). È questo il tema della liturgia di oggi: la I lettura (Sapienza 12) ci offre un testo di lode a Colui che «ha cura di tutte le cose», è «padrone della forza» ma «giudica con mitezza, governa con molta indulgenza» e «insegna che il giusto deve amare gli uomini». Avendo ricevuto grande misericordia, una vita immeritata e gratuita rinnovata per noi nonostante ogni nostro peccato e infedeltà, siamo chiamati ad amare tutti senza riserve, sul modello di Dio, che ci giudica con bontà e indulgenza: Egli ama il grano e ama anche la zizzania, perché tutto è sua creatura; sa che la zizzania è “cattiva” perché è stata “catturata” dal nemico e, soggiogata, svolge un compito perverso cui però non è stata chiamata dall’Autore della Vita.
L’indulgenza per la zizzania, il darle tempo «fino alla mietitura», dice l’amore di un Dio che sa che le sue creature, fatte a sua immagine, possono anche giungere a compiere il male, suggerito loro dal principe del mondo, ma non sono il male che compiono e conservano la libertà di volgere lo sguardo al suo Figlio, Via, Verità e Vita, e convertirsi. Con questa speranza dobbiamo rivolgerci a quanti ci appaiono zizzania, custodendoli perché non contaminino tutto il campo e possano anzi, in mezzo al grano, tornare anche loro a essere grano buono, figli di Dio e «popolo di sua conquista» (cfr. 1Pietro 2,9).