Nutrirsi del Pane per farsi pane
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto».
Giovanni 6,11-12
La prima moltiplicazione dei pani è narrata da tutti gli evangelisti: capitale è la valenza di questo evento, collocato con cura nei diversi Vangeli (in Giovanni è il segno centrale dei sette compiuti da Gesù), profezia dell’Eucaristia, memoriale della salvezza, presenza viva del Signore in mezzo ai suoi, «ogni giorno e fino alla fine del mondo» (Matteo 28,20). Intorno alla paternità di Dio, che nutre e custodisce le sue creature assicurando a ciascuno il necessario per l’esistenza e la salvezza, ruota la liturgia di oggi, nella domenica centrale del Tempo ordinario: il Signore «dà il cibo a tempo opportuno, apre la sua mano e sazia ogni vivente» (Salmo 144, Responsorio).
Già la I lettura (2Re 4) descrive una moltiplicazione di «20 pani d’orzo e grano novello», avvenuta al tempo del profeta Eliseo a seguito del suo invito a «darne alla gente», fondato sulla «Parola del Signore», che ha assicurato: tutti «ne mangeranno, e ne avanzerà». È la fede rocciosa nella Provvidenza, che attraversa tutte le Scritture: essa non demorde nelle difficoltà e nelle prove, si nutre della preghiera e si conferma nell’esercizio del perdono e della misericordia, ricevuti dal Padre e offerti ai fratelli.
Queste dimensioni sostengono, in ogni tempo, la vita del credente: Paolo (II esorta gli Efesini ad «ogni umiltà, dolcezza, magnanimità», a «sopportarsi a vicenda nell’amore», a «conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della pace». Abbiamo tutti «un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti»: la sua paternità non fa differenze, ma ama ciascuno per come è; «vedendo», Egli «ha compassione» di ogni creatura. Sono i sentimenti del Cristo, Figlio e fratello, che ha preso la carne degli uomini per insegnarci la carità perfetta che è in Dio, a immagine del quale siamo fatti, al quale siamo chiamati a conformarci: sappiamo noi “avere compassione” quando “vediamo” la miseria del nostro prossimo?
Sappiamo offrire pane e riposo? Forse reagiamo come Filippo: «Dove compreremo il pane perché costoro abbiano da mangiare?»; o come Andrea: «C’è qui un figliolo che ha cinque pani d’orzo e due pesci: ma cosa è questo per così tanta gente?». Il ragazzo possiede sette cose, apparentemente povere; ciascuno di noi è un «figlio» che possiede sette doni, dati dallo Spirito nel Battesimo: è un numero di pienezza nella sensibilità biblica! Ci sono «cinque pani», numero simbolico e sacro che richiama ai libri della Torah, la pienezza della legge, e «due pesci», che possono evocare le altre sezioni della Scrittura ebraica, i Profeti e gli Scritti.
Con la grazia di Dio ciascuno di noi possiede il dono della fede, che ha attraversato la storia e ha “visto” in Cristo il compimento delle promesse: se consegniamo ciò che abbiamo, i nostri “talenti”, per quanto ci appaiano scarsi, nelle sue mani, Egli li moltiplicherà «per tanta gente», la farà «sedere» e riposare «sull’erba verde», farà sì che tutti «mangino e si sazino», e che ne «avanzino dodici ceste», il numero delle tribù di Israele e degli apostoli, un numero santo che dice di un popolo benedetto, promesso già ad Abramo come discendenza, abbondante come il dono della Vita, dato in principio e rinnovato, per sempre, nella Risurrezione del Cristo, Pane vivo.