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sabato 01 aprile 2023
 

XVII domenica del Tempo Ordinario (anno C) - 24 luglio 2022

Figli e amici di un Dio che è Padre
 
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome». Luca 11,1-2
 
Che idea abbiamo della preghiera? Preghiamo in modo gradito a Dio? La liturgia di oggi ci invita a riflettere su questo aspetto cardinale della nostra relazione con Lui, in cui si alimenta la fede e si accresce la carità che è linfa per le opere. Nei Vangeli è detto spesso che Gesù si ferma o si apparta per pregare; vederlo in preghiera deve essere stata una esperienza straordinaria, tale da interrogare profondamente i discepoli, simile a quella che possiamo fare noi quando abbiamo la grazia di veder pregare un uomo di Dio; per questo nel Vangelo di oggi «uno dei discepoli» che resta senza nome, che potrebbe essere me e te, chiede al Maestro, che ha appena visto in preghiera: «Insegnaci a pregare». E Gesù risponde: «Quando pregate dite Padre». È questa la chiave della questione: riconoscersi figli amati da Dio.
Se la paternità umana, imperfetta e segnata dal peccato, è capace di amore grande e incondizionato, quanto più quella di Dio, «da cui prende nome ogni paternità in cielo e in terra» (Efesini 3,15). Non si tratta di obbedire a regole e precetti, che sono in se stessi privi di amore e perciò «ci sono contrari” (cfr. II Lettura), ma di sapere che, nel Battesimo, siamo «sepolti con Cristo, con Lui risorti», perdonati. In questa certezza esultiamo: il Salmo 137 (Responsorio) è una grande lode a Colui che è “fedele”, ama “per sempre”, «risponde nel giorno stesso in cui lo invochiamo», «farà tutto per noi». Possiamo imparare a pregare con questa fede solo alla scuola del Maestro, Figlio e fratello, che ha pregato per Pietro e, con lui, per tutti noi (Luca 22,32), che ci ha chiamati amici (Giovanni 12,15), nel quale anche noi siamo figli amati. La I lettura (Genesi) presenta la preghiera di Abramo: dopo l’annuncio della nascita di Isacco, che abbiamo meditato domenica scorsa, Dio Trinità rivela al patriarca ciò che intende fare a Sodoma e Gomorra. Abramo è amico di Dio: questa amicizia lo mette a parte del pensiero del Signore e della profondità della sua volontà. Per questa stessa amicizia, che Dio ha voluto stringere anche con ciascuno di noi, entriamo pure noi nel Mistero e, nella pienezza della rivelazione, lo conosciamo (cfr. Efesini 3,3-4).
 
FARSI MEDIATORI Siamo figli e amici di Dio: Egli ci ascolta, e noi possiamo chiedere secondo il suo cuore e intercedere per quanti sono da Lui lontani. Abramo si fida della Promessa che lo salva: Dio gli da una discendenza che umanamente non avrebbe potuto avere nè sperare; forte della misericordia ricevuta, il patriarca prega per la salvezza degli abitanti di Sodoma e Gomorra. La sua preghiera è relazione profonda; è dire a Dio: «io ti conosco, Tu sei buono, Tu vuoi la vita piena di ogni tuo figlio (cfr. Eezchiele 33), “Tu ami il giusto e il peccatore, Tu salvi!”. È chiedere misericordia per i fratelli, farsi mediatore e in questo, rispondendo alla chiamata battesimale, comportarsi come Cristo, venuto a salvare i peccatori. È insistere, rinnovare la richiesta incessantemente, “bussare” perchè “sarà aperto”, come fa l’amico importuno della parabola narrata da Gesù nel Vangelo dopo la consegna del “Padre nostro”. È sapere che siamo stati amati fino all’effusione del Sangue.


21 luglio 2022

 
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