Fede in Cristo, Pane vivo del Cielo
Gesù disse alle folle: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna.
Giovanni 6,26-27
Dopo aver compiuto il “segno” dei pani il Maestro si «ritirò sul monte, Lui solo», mentre gli Apostoli, sul far della sera, «scesero al mare» e «in barca si avviarono in direzione di Cafarnao». È importante il simbolismo in questo racconto: Lui sale, loro scendono, senza di Lui; quando «è ormai buio, Egli non li ha ancora raggiunti»; «si avvicina» soltanto a notte fonda, camminando sul “mare”, «agitato perché soffiava un forte vento». Dopo l’iniziale terrore lo riconoscono alle sue parole: «“Io sono”, non abbiate paura!». Gesù pronuncia il nome di Dio, dice che Egli è, in eterno, e chi Egli è: il Signore del Cielo e della Terra, cui le potenze della creazione obbediscono. Allora i discepoli «vollero prenderlo sulla barca, e subito essa toccò la riva cui erano diretti» (Giovanni 6,16-21).
L’aver conosciuto la bontà del Signore, i suoi doni, la sua amicizia non ci mette al riparo da momenti di tempesta e di dubbio; possiamo essere tentati di fare da soli e di avventurarci senza Gesù: potremo anche remare «per tre o quattro miglia», ma poi sperimenteremo lo smarrimento e la paura! Solo se sapremo riconoscerlo presente, se sapremo fare professione di fede autentica, se “vorremo prenderlo con noi”, «i nostri progetti riusciranno» (cfr. Proverbi 13,3). È Lui che trae vita dove c’è morte: altrove, lontani da Lui, c’è solo l’illusione della vita, ma tutto scivola via nell’abisso del nulla, senza senso.
Siamo invitati a rinnovare il desiderio di Lui, a «cercarlo» senza stancarci, come fa la folla del Vangelo di oggi (Giovanni 6,24-35): i molti che “vogliono” incontrarlo sono di monito per noi quanto gli Apostoli che se ne sono allontanati ma poi “hanno voluto” prenderlo con sè, perché «nessuno cerca ciò che non vuol trovare» (Agostino, De beata Vita 2,14) e perché, nella Scrittura, cerca Lui chi è già cercato da Lui. Gesù rivolge le sue parole proprio alla folla, con persone di ogni tipo, credenti, dubbiosi, curiosi, saggi, ignoranti: Egli segnala il rischio di «cercarlo» solo per soddisfarsi, come le folle che hanno «mangiato il pane e si sono saziate» ma non hanno «visto il segno», non ne hanno compreso il significato. L’essenziale non è ricevere una grazia, ma stare con Lui, accedere al «cibo che dura per la vita eterna, che il Figlio darà», «credere in Colui che Dio ha mandato».
Il grande miracolo, che apre la porta della Vita, è la fede: essa ci offre occhi per riconoscere il Signore. È un dono che va chiesto e custodito, perché può smarrirsi nelle vicende della vita: pur avendo veduto, non hanno saputo conservarlo nè le folle del Vangelo, a cui Gesù ha moltiplicato i pani, né i padri nel deserto, che mormorarono rimpiangendo la schiavitù; Dio diede le quaglie e la manna, profezia delle opere del Cristo (I Lettura, Esodo 16). La Scrittura tramanda questi racconti quale memoriale, per il popolo di Dio, delle «azioni gloriose e potenti del Signore», delle «meraviglie che ha compiuto» (Salmo 77, Responsorio). Gesù assicura che è beato chi crede pur non avendo visto (cfr. Giovanni 20,29): questa beatitudine è per noi, che con fede, «rinnovati nello Spirito», «rivestiti dell’uomo nuovo» (II Lettura, Efesini 4), ci accostiamo alla mensa eucaristica, vero Pane dei figli.