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mercoledì 07 giugno 2023
 

XX Domenica del Tempo Ordinario - 16 agosto

La grazia arriva per la nostra povertà

Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». Matteo 15,21-28

L’amore di Dio non è cosa fra le altre, ma è la dimensione più luminosa e nobile dell’esistenza. Non è ovvio farne esperienza, perché per accoglierlo è richiesta apertura, crescita, semplicità, povertà e altri aspetti che sono nella gamma della vera relazione e ci sarebbe molto altro da dire. L’amore di Dio non si comanda a bacchetta, lo si accoglie, va atteso e assecondato. Ma noi impazienti, grossolani e sbrigativi, tendiamo a non aspettare i tempi di Dio e a prendere le scorciatoie del “fai da te”; quindi cerchiamo di mettere in piedi l’amore di Dio – e anche quello umano – alla bell’e meglio; la conseguenza di tutto questo è l’incostanza dei nostri rapporti con Dio e con il prossimo e la crisi delle relazioni durature di ogni tipo. Il succedaneo di amore più classico è il sentimentalismo, la smanceria, il “volemose bene” glicemico oggi trionfante. Oppure la gentilezza, la formalità e la buona educazione. Nel Vangelo di questa domenica troviamo che Gesù non è né sentimentale né gentile, ma duro e scostante. I discepoli sembrano più misericordiosi di Lui. Una povera madre angosciata cananea gli chiede aiuto, e Lui non le rivolge neppure una parola. I discepoli gli chiedono di ascoltare la sua supplica, e Gesù sfodera una coltellata come: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini», e sia noto che il diminutivo non è affettuoso ma dispregiativo. Carta vetrata sulle nostre gentilezze tolleranti. Ma perché Gesù si comporta così? La prima Chiesa evangelizzò un mondo pagano fine e tronfio – la sublime cultura ellenistica per esempio – e sarebbe stato facile pensare che tra la raffinatezza mediterranea e il cristianesimo ci fosse una semplice differenza di gradualità. Questo non era e non è vero. La redenzione portata da Cristo richiede il Battesimo, il morire all’uomo vecchio e ai suoi succedanei di amore per ricevere la novità che solo lo Spirito Santo può dare. Per entrare in questa nuova natura, che non è la natura umana tout court, bisogna rinnegare il demonio, il mondo e la carne.

LE PORTE DELLA GRAZIA. Il testo di questa domenica racconta della fede di questa cananea che non ha problemi a riconoscere la propria povertà, è distaccata dalla sua struttura pagana, e fa un atto che le spalanca le porte della Grazia che Cristo di colpo le accorda: è l’atto di riconoscersi indegna, e di riconoscere senza difficoltà di essere un’estranea, e si definisce cane, che nel linguaggio religioso ebraico (ancor oggi in uso nell’islam) vuol dire pagana. È così che si arriva alla grazia: per la propria povertà. Chi ha imparato la misericordia ha nella memoria il giorno in cui ci si è scoperti cani, inumani, indegni. Pietro e Paolo, per esempio, ci sono passati, dovendosi ammettere traditori o assassini. Questa cananea chiede una briciola che non merita, e fa bene. La fede più grande si versa nel cuore più povero. Se pratichiamo l’arte di ricordare i giorni in cui siamo stati cani, contempliamo la pazienza di Dio con noi e i molti motivi per usare pazienza fra di noi.


15 agosto 2020

 
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