Una salvezza per tutte le genti
In quel tempo un tale chiese a Gesù: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Ed Egli disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno».
Luca 13,23-24
Gesù è in cammino verso Gerusalemme: Egli sa di andare incontro al sacrificio della Croce, preludio e via per la gloria della Resurrezione. L’intera liturgia insiste sulla chiamata universale alla santità, a una salvezza «preparata davanti a tutti i popoli» attraverso il sacrificio di Cristo, «luce per illuminare le genti e gloria» del popolo di Israele (cfr. Luca 2,32). La I lettura (Isaia 66), appartenente alla terza e ultima parte del libro profetico, sezione che ha respiro universale, ci offre la promessa del Signore: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno, vedranno la mia gloria» e la «annunceranno»; «anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti». La salvezza, e con essa la vocazione ad annunciarla, non è vincolata a una appartenenza o a un privilegio, ma dipende da una scelta gratuita di Dio, che non ha confini ed è rivolta, in Cristo, a ogni creatura umana: ognuno di noi è chiamato, in forza del Battesimo, a «essere santo» (cfr. Levitico 19,2; 1Pietro 1,16), a portare Cristo e a essere ministro e annunciatore della salvezza. Il Salmo 116 (Responsorio) invita tutti i popoli: «Genti tutte, lodate il Signore, perché forte è il suo amore per noi e la sua fedeltà dura per sempre». Gesù nel Vangelo conferma ciò che la Scrittura ha profetizzato nel corso dei secoli: «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio». Il Cristo è venuto a compiere il disegno originario del Padre e a realizzare una «salvezza potente» (cfr. Luca 1,69), estesa a tutto il mondo. Le sue parole nel Vangelo di oggi sono suscitate dalla domanda di «un tale» che deve aver ascoltato quanto Gesù insegna «per città e villaggi mentre è in cammino verso Gerusalemme»: costui chiede se siano pochi o tanti i salvati. Gesù non risponde: non si tratta infatti di entrare faticosamente, a forza di sacrifici personali, privazioni o false idee di preminenza, nel novero di pochi privilegiati, ma di acquistare lo stesso atteggiamento del Cristo, consapevole che la sua vita è una missione per la salvezza del mondo. Allo stesso modo la vita di ogni cristiano è chiamata a far trasparire la luce della buona notizia e a suscitare anche silenziosamente, in quanti lo guardano, seppure molto lontani dalla verità della fede, una domanda seria sul senso dell’esistenza e il desiderio profondo di incontrare la fonte della vera gioia.
FIGLI NEL FIGLIO Tutti siamo chiamati alla santità, e la II lettura (Lettera agli Ebrei) chiarisce come questa chiamata universale sia la vocazione a essere figli nel Figlio, sicché anche la correzione «arreca un frutto di pace e di giustizia». Gesù addita come unico accesso al Regno «la porta stretta», e mostra con una breve parabola che essa non è quella dei privilegiati né di coloro che «si sforzano» solo di moltiplicare azioni pie, «mangiano e bevono alla sua presenza» ma continuano a essere «operatori di ingiustizia»; è la porta della conformazione al Figlio, che passa per l’amore autentico, non di facciata, a ogni fratello (cfr. Marco 10,21), per l’urgenza di guadagnare a Cristo ogni uomo e ogni donna (cfr. 1Corinzi 9,22) e per la quotidiana e salvifica croce di ciascuno di noi.