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giovedì 07 novembre 2024
 

XXIV domenica del Tempo Ordinario (anno C) - 11 settembre 2022

Pace e gioia piena nel perdono di Dio

 

Gesù disse: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me».

Luca 15,4-6

 

«Questa parola è degna di fede: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io» (II lettura): è l’argomento guida della liturgia di oggi, che ci propone ancora il tema della conversione e insiste sull’attesa paziente di Dio, sul suo ardente desiderio che ciascun figlio torni a Lui e in Lui trovi vita e gioia piena. Paolo è l’esempio concreto delle grandi cose che il Signore compie nonostante la miseria delle nostre azioni e l’ostinazione delle nostre vite: nella conversione di un peccatore, che diventa suo servo e suo apostolo, «Cristo mostra la sua magnanimità» e rinnova la chiamata, rivolta a tutti gli uomini, all’amicizia con Lui.

La proposta della conversione è offerta continuamente da Dio nella storia biblica, costellata di peccati e fallimenti umani e percorsa dalla presenza redentrice, amorevole e paterna del Signore. Essa, quale simbolo pasquale, è vissuta in modo comunitario dal popolo eletto, pellegrino nel deserto per 40 anni: nonostante l’esperienza della liberazione, Israele vive in quel lungo tempo anche la fatica della perseveranza e cede infine alla tentazione di risolvere da solo i suoi problemi, affidandosi a un falso dio. Cosa è d’altra parte il peccato se non l’effetto dell’originario pensiero mortifero indotto dal serpente al primo uomo e alla prima donna (Gen 3)? Quel pensiero, insinuato dal nemico, dice sempre la stessa cosa: «Dio non ti ama e non ti vuole felice. Fai di testa tua e sarai finalmente una persona realizzata e di successo». Da qui, in ogni luogo e in ogni tempo, viene sempre il peccato: così accade a Israele nel deserto, proprio mentre Mosè riceve dal Signore, sul Sinai, l’Alleanza santa. Il peccato del popolo si consuma nell’apparente silenzio di Dio, nell’assenza e nel ritardo del mediatore, mentre la fatica e l’arsura si fanno sentire: così può succedere a ciascuno di noi, quando quello che chiediamo tarda a realizzarsi, quando ci sembra di girare a vuoto senza novità in una vita che, pur piena di cose e di persone, pare diventata un deserto dal quale non si può trarre niente di buono. In quella situazione di sfacelo è proprio Mosè a intercedere per il popolo, nonostante la delusione per quanto vede con i suoi occhi; è proprio Mosè a ricordare a Dio, come già aveva fatto Abramo (cfr. Genesi 18), che Egli è buono e vuole la vita dei peccatori, che ama il suo popolo e lo ha salvato.

 

INTERCESSORI E così, ancora una volta, per intercessione del mediatore, il Signore rinnova la sua Alleanza (I lettura) e torna a scegliere Israele, a cui è chiesto «uno spirito contrito», unico vero «sacrificio a Dio» (Salmo 50, Responsorio). Il racconto mostra che il Signore non dimentica mai i suoi figli, e il suo stesso apparente silenzio può far parte di un disegno di salvezza; insegna la preziosità di quanti offrono la vita per intercedere a vantaggio dell’umanità intera, «e portano frutto con la loro perseveranza» (Luca 8,15). Il Vangelo propone il capitolo 15 di Luca, con il trittico della misericordia, e descrive la gioia grande del Cielo «per un solo peccatore che si converte più che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione». Possiamo anche noi sperimentare la pace che viene dal perdono di Dio e l’ineffabile gioia per la conversione di ogni fratello!


08 settembre 2022

 
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