Cercare Colui che ci cerca
Zacchèo disse: «Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». Luca 19,8-10
Gesù è diretto a Gerusalemme ed entra in Gerico: siamo nella grande depressione del Mar Morto, nel deserto di Giuda. L’area evoca la perdizione (lì andava, scendendo da Gerusalemme, l’uomo incappato nei briganti e soccorso dal Samaritano della parabola); ma l’antica città, che sorge in un’oasi, richiama alla vita, alla possibilità di «alzarsi» e ricominciare. Qui vive «un uomo», «anch’egli stirpe di Abramo», come dirà Gesù dopo averlo incontrato: liquidato e giudicato dalla gente come «capo dei pubblicani e ricco», Zacchèo è prima di tutto un figlio amato dal Padre «misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore» (Salmo 144, Responsorio), che «ha compassione di ognuno e aspetta il pentimento» (I lettura).
Zacchèo è un peccatore che ha un desiderio originario: «cerca» Gesù, vuole «vederlo». Il Vangelo precisa: è «piccolo di statura». In greco, ordinariamente, il termine che è tradotto qui con «statura» non definisce tanto l’altezza, quanto piuttosto l’età: il desiderio che guida Zacchèo lo fa tornare quasi bambino, come dice il suo nome, che in ebraico può significare “il puro, l’innocente”. Vuole vedere Gesù con l’entusiasmo e l’innocenza di un piccolo, e a chi si fa piccolo come un bimbo si apre il Regno dei Cieli (cfr. Matteo 18,1-5). Fa dunque cose da bambino: corre in mezzo alla folla, svicola, si arrampica, si industria per superare la condizione limitante in cui si trova, «sale» su un sicomoro, forse pensa di non essere visto, nascosto tra le foglie, e di poter osservare in pace. Ma c’è uno sguardo che lo precede e lo «cerca» da sempre: Gesù si ferma, «alza gli occhi», chiama Zacchèo per nome e gli annuncia di voler «rimanere» nella sua casa.
La dinamica del salire, del tornare alla vita uscendo dagli inferi che la geografia evoca, è forte in questo racconto; potente è il riferimento al desiderio di un incontro, che coinvolge l’uomo e Dio. Gesù è venuto per restare: non è uno di quegli amici di circostanza cui Zacchèo è abituato, ricco e influente com’è; non pretende di trovare una casa preparata (Zacchèo non sapeva che avrebbe avuto un ospite); non pensa di entrare in una vita perfetta, vuole che lo accogliamo così come siamo. Zacchèo, che si è fatto come un bambino, si lascia trasformare da quell’incontro, dallo sguardo amorevole di Gesù: «Scende subito e lo accoglie con gioia». Così il «capo dei pubblicani» «passa avanti» (cfr. Matteo 21,31) alla folla di persone che si sentono giuste e sanno solo giudicarlo, le quali, «vedendo, mormorano: Gesù è andato a rovinarsi da un peccatore!».
VEDERE COME GESÙ Il loro sguardo è offuscato, non vedono ciò che vede Gesù: un uomo, un fratello amato da Dio, un figlio di Abramo per cui si è dischiusa la salvezza, che «si alza» e si apre a grandi «propositi di bene» (II lettura), forte di una dignità ritrovata in Cristo, che «è venuto a cercare e salvare chi era perduto». E il nostro sguardo, com’è? «Cerchiamo» veramente «di vedere Gesù», per scoprirci «cercati» da Lui, «guardati» da sempre con amore? E poi, forti di questo amore, sappiamo guardare i fratelli con la stessa tenerezza? Sappiamo farci come bambini, per entrare tutti insieme, con gioia, nel Regno?