«Ci sono due eserciti invisibili che seminano guerra e violenza, uno è l’ignoranza e l’altro la paura. Per questo abbiamo scritto e pubblicato 90 libri sul cristianesimo». È uno dei passaggi più intensi del discorso dell’ayatollah Seyed Abulhassan Navab, rettore dell’Università per le Religioni e le Confessioni religiose (frequentata da ben 8 mila studenti e con un corso su Donna e famiglia nel piano di studi) a Qom, in Iran, figura di spicco nel mondo sciita, che, tra l’altro, ha curato la traduzione in persiano del Catechismo della Chiesa Cattolica, nel corso della sua visita alla Pami (Pontificia Academia Mariana Internationalis) nel primo pomeriggio del 9 marzo, alla vigilia dell’incontro dello stesso ayatollah con Papa Francesco.

Un rendez-vous storico, quest’ultimo che assume un significato particolare mentre continuano ad arrivare dall’Iran notizie preoccupanti sulla repressione dei movimenti di protesta divampati dopo la morte della giovane Masha Amini. Dietro questo vertice, lo ha svelato Navab, alla Pami, c’è Abdul Karim Paz, a capo della comunità sciita in Argentina, nella delegazione a Roma con lui, «da 40 anni amico del Papa che ha conosciuto a Buenos Aires e col quale è sempre rimasto in contatto».

L’ateneo islamico di Qom e la Pami firmeranno a breve un accordo di cooperazione per diffondere la cultura della pace e del dialogo interreligioso attraverso una serie di progetti da estendere a scuole e università di vari Paesi. È stata la delegazione islamica a volere fortemente l’incontro con la Pontificia Academia Mariana Internationalis, partendo dalla ferma convinzione che la figura della Madonna, venerata da entrambe le confessioni, possa giocare un ruolo decisivo nell’eliminare barriere, ostilità e pregiudizi.

 



«Questa è la casa di Maria che accoglie tutti i figli di Dio, ogni credente», ha detto padre Stefano Cecchin all’arrivo degli ospiti. E Navad, che a sua volta ha già incontrato Bergoglio ad Assisi quand’era papa Giovanni Paolo II, ed è stato più volte a Roma, anche alla Sant’Egidio, ha parlato con analogo trasporto di Maria, definendola «un segno di Dio», un «essere puro» cui il «il Corano dedica innumerevoli frasi di grande bellezza», «la Madre che porta lo spirito divino», «la sua figura è così immensa che non trovo le parole adatte per descriverla». «Sapete?», ha aggiunto, «c’è un volume che raccoglie le riflessioni di diverse autorità religiose sciite su Maria». E Cecchin ha subito chiesto di riceverne una copia. Con lui nella delegazione della Pami, anche il segretario generale dell’istituzione, padre Marco Antonio Mendoza Martinez, Paolo Cancelli che si occupa dello sviluppo e delle relazioni diplomatiche, Mauro Alvisi, esperto di geopolitica che sta coordinando le iniziative legate alla “concuranza” e chi scrive socio onorario.

A un certo punto dell’intenso dialogo, tra padre Cecchin e l’ayatollah Navad, è intervenuto Abdul Karim Paz, sottolineando come Maria evochi «il necessario rispetto verso la donna», ma accennando anche a forme di femminismo distruttive e violente in crescita in Sud America. Illuminante la risposta di Cecchin: «Anche questo come il maschilismo è un inganno del male, rivendicare la parità di diritti e opportunità, non significa farlo contro gli uomini o negare la diversità tra i due sessi. La vera parità porta alla pace, e all’armonia e non ai conflitti, si afferma con, non contro».