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«Sembra che sappiate: oggi compio 70 anni. Rendo grazie al Signore, ai miei genitori, e ringrazio quanti hanno avuto un ricordo nella preghiera. Tante grazie a tutti».
Al termine dell’Angelus, con una battuta, il Papa ha fatto riferimento al suo compleanno mentre i fedeli in piazza San Pietro applaudivano e le bande musicali presenti hanno cominciato a suonare per fare gli auguri al Pontefice. Per questa ricorrenza, sono arrivati auguri al Pontefice da ogni parte del mondo. A porgerli, «a nome del popolo italiano», unitamente ai suoi «sinceri voti di benessere spirituale e personale» è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Nel suo messaggio, il Capo dello Stato evidenzia i «pressanti appelli del Pontefice affinché cessi il fuoco e si riprenda la via del dialogo, per il bene comune dei popoli», in un tempo in cui «è cresciuto il timore che il mondo sia avviato lungo un pericoloso crinale, animato da una diffusa logica di prevaricazione e viepiù segnato da conflitti laceranti. A pagarne ogni giorno un intollerabile tributo di sangue e distruzione sono soprattutto molte migliaia di vittime civili», scrive Mattarella, aggiungendo che «dinanzi a tali inquietudini, le donne e gli uomini di buona volontà avvertono con urgenza il bisogno della pace e della giustizia» e che «da ogni continente si guarda con viva speranza» alle parole del Papa.
Il presidente, citando poi Sant’Agostino, il quale ha affermato che «i tempi siamo noi», rimarca che spetta a tutti «e in particolare a quanti rivestono cariche pubbliche» impegnarsi «affinché le circostanze migliorino, riaprendo orizzonti di dialogo, di giustizia e di concreta tutela della dignità di ogni persona», e assicura a Leone XIV la collaborazione dello Stato italiano nella «Sua alta missione apostolica».
Anche da parte della Conferenza episcopale italiana sono giunti al Papa «i più fervidi auguri delle Chiese in Italia», con preghiere «di lode e di ringraziamento per il Suo ministero».
Ringraziando il Pontefice «per lo spirito paterno» con cui «accompagna ed esorta» la Chiesa italiana», i vescovi si uniscono a lui «nell’invocazione per una ‘pace disarmata e disarmante’ in tutte le situazioni di conflitto che insanguinano vaste aree del Pianeta», mentre continuano a farsi «prossimi alle popolazioni provate dalla sofferenza con azioni di solidarietà e promozione umana» e auspicano «che l’unità di intenti, di voci e di preghiere che dal mondo intero si alzano per impetrare soluzioni di pace possano trovare presto ascolto».
Il Papa ha dedicato il suo discorso prima dell’Angelus alla festa dell’Esaltazione della Santa Croce, che si celebra oggi, 14 settembre, «giorno in cui, secondo la tradizione, è avvenuto il ritrovamento del legno della Croce da parte di Sant’Elena, a Gerusalemme, nel IV secolo», ha spiegato Leone.
«Ma cosa vuol dire per noi, oggi, celebrare questa Festa?», ha chiesto il Pontefice, «ci aiuta a comprenderlo il Vangelo che la liturgia ci propone», dove il protagonista è Nicodemo, «uno dei capi dei Giudei, persona retta e dalla mente aperta, che viene a incontrare Gesù. Ha bisogno di luce, di guida: cerca Dio e chiede aiuto al Maestro di Nazaret, perché in Lui riconosce un profeta, un uomo che compie segni straordinari».
Parlando a Nicodemo, sottolinea il Papa, Gesù richiama l’episodio dell’Antico Testamento che narra degli israeliti nel deserto assaliti da serpenti velenosi, salvatisi «guardando il serpente di bronzo che Mosè, obbedendo al comando di Dio, aveva fatto e posto sopra un’asta», e specifica, poi, che Dio «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio ci ha salvati mostrandosi a noi, offrendosi come nostro compagno, maestro, medico, amico, fino a farsi per noi Pane spezzato nell’Eucaristia. E per compiere quest’opera si è servito di uno degli strumenti di morte più crudeli che l’uomo abbia mai inventato: la croce».
Celebrare l’Esaltazione della Croce, allora, vuol dire fare memoria «dell’amore immenso con cui Dio» ha abbracciato la croce «per la nostra salvezza e l’ha trasformata da mezzo di morte a strumento di vita, insegnandoci che niente può separarci da Lui e che la sua carità è più grande del nostro stesso peccato», ha spiegato il Papa.
Da qui l’invito a chiedere, «per intercessione di Maria», che «in noi si radichi e cresca l’amore di Cristo che salva, e che anche noi sappiamo donarci gli uni agli altri, come Lui si è donato tutto a tutti».
Dopo l’Angelus, oltre a ringraziare per gli auguri per il suo compleanno, papa Leone ha ricordato che «domani ricorre il 60° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei vescovi, un'intuizione profetica di San Paolo VI affinché i vescovi potessero ancora di più e meglio esercitare la comunione con il successore di Pietro», ha detto. Rievocando l'iniziativa di Paolo VI del 15 settembre 1965, il Pontefice ha infine auspicato «che questa ricorrenza susciti un rinnovato impegno per l'unità, per la sinodalità e per la missione della Chiesa» e ha poi rivolto i suoi saluti ai diversi gruppi presenti in piazza San Pietro.
Il Sinodo dei Vescovi fu istituito da Papa Paolo VI come risposta ad un’istanza espressa dai Padri del Concilio Vaticano II di mantenere vivo lo spirito dell’esperienza conciliare, inaugurata l'11 ottobre 1962 da Papa Giovanni XXIII, e proseguita, dopo la sua morte, avvenuta il 3 giugno 1963, da Papa Montini che la continuò e presiedette fino alla chiusura, l’8 dicembre 1965.



