Auguri a don Luigi Ciotti, che oggi compie 70 anni. Vissuti sempre dalla parte giusta, quella del Vangelo, quindi degli ultimi. C'è da chiedersi se, in tutto questo tempo, ci sia mai stato per lui un giorno di vero riposo. Instancabile, don Luigi sembra non fermarsi mai. Destino inevitabile quando si è convinti che “il Vangelo mi spinge al fianco di chi fatica”. E chi fatica non sta mai fermo.

Nato in Veneto, a Pieve di Cadore, uomo di montagna (ha al tessera del Cai), Luigi Ciotti si è trasferito da bambino con la famiglia a Torino. Figlio di un muratore, Luigi è cresciuto in una baracca e ha assaggiato la povertà. Ricorda ancora di essere stato l'unico bambino in classe alle elementari senza grembiule, perché sua mamma aveva finito i soldi e non glielo poteva comprare. A 17 anni, nelle strade di Torino, Luigi fa amicizia con un barbone che vedeva sempre seduto su una panchina. Era un ex chirurgo caduto in disgrazia per un infortunio professionale. Da allora Luigi non ha mai abbandonato la strada perché, come dice, “mi sentivo mangiare dai poveri”. Per assistere i poveri, i tossicomani, gli alcolizzati, gli uomini e le donne feriti dalle asprezze vita, Luigi ha fondato nel 1965 il Gruppo Abele. Anche l'avvocato Agnelli gli è stato vicino donandogli i locali di una ex fabbrica.



Ordinato prete nel 1972, don Ciotti ha avuto il pieno appoggio del suo vescovo, il cardinale Michele Pellegrino, il quale gli assegnò come parrocchia “la strada”. Sempre guardando oltre, avendo come punto di riferimento, come ci disse in una intervista, il Vangelo e la Costituzione italiana, don Luigi si è poi impegnato a combattere le mafie creando, nel marzo del 1995, Libera. E' un coordinamento di associazioni, scuole e gruppi impegnati per promuovere la cultura della legalità. Memorabile e meritoria la sua battaglia per l'utilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. Con le sue parole don Luigi è sempre pronto a scuotere le coscienze. Lo ricordo nel maggio del 2012 nella chiesa di Mesagne, 24 ore dopo l'esplosione di una bomba fuori da una scuola di Brindisi in cui rimase uccisa una studentessa. “Diamo meno bacetti ai santi e alla Madonna, dobbiamo essere capaci di sporcarci le mani per costruire verità e giustizia”, disse don Luigi dall'altare. Parole forti, soprattutto se pronunciate in una chiesa del Sud, dove resta forte la devozione popolare. Da anni don Luigi gira sotto scorta. I boss lo hanno minacciato, ma quando gli si chiede se ha paura, lui risponde sempre che Libera e l'antimafia non sono una persona, ma “un noi in cammino”.

Nell'intervista che gli ha fatto don Antonio Sciortino quando Famiglia Cristiana, a fine 2014, lo ha nominato “italiano dell'anno”, don Luigi ha detto: “Una persona puoi minacciarla e credere di fermarla, un movimento e un impegno collettivo no”. Sì, è vero. Don Luigi non è solo. In questi 70 anni egli ha seminato bene. Per renderse conto basta partecipare al raduno di Libera, che il 21 marzo organizza, ogni anno in una città diversa, la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. L'anno scorso, all'incontro con i familiari delle vittime delle mafie, don Luigi è arrivato in chiesa tenendo per mano papa Francesco. In papa Bergoglio, don Ciotti dice di aver trovato un fratello invece di un padre. In don Luigi, papa Francesco ha certamente trovato un pastore “con l'odore delle pecore”.

Buon compleanno, don Luigi.