Si è conclusa a Rimini la tre giorni dedicata a don Oreste Benzi in occasione del centenario della sua nascita.

Aperta venerdì 5 settembre con la Messa in spiaggia presieduta dal cardinale Matteo Zuppi, Presidente della Cei, si è conclusa domenica con l’Eucaristia officiata dal Vescovo di Rimini, monsignor Nicolò Anselmi.

Don Oreste (1925-2007), semplicemente “il don” per i suoi ragazzi della Comunità Papa Giovanni XXIII, l’associazione di fedeli da lui fondata, è stato un santo sociale moderno a tutto tondo, che il presidente Matteo Fadda ha paragonato a Leonardo da Vinci, che con la sua arte ha saputo immaginare le opere straordinarie che potevano nascere da un semplice pezzo di marmo lavorando solo di scalpello.

«Così ha fatto don Oreste, che ci ha mostrato e aiutato a vedere e a realizzare la bellezza della società del gratuito», ha detto nel teatro di Rimini sabato 6 settembre, mettendo in luce una delle tante profezie del sacerdote riminese.

Come è emerso dai tanti eventi organizzati, l’impegno sociale e umanitario del Servo di Dio don Oreste Benzi, infatti, non si è limitato ad aiutare i poveri, gli emarginati, i disabili, le prostitute, i tossicodipendenti, gli ex detenuti, le persone malate di AIDS, ma si è completata con l’altra faccia della medaglia della carità: la riflessione che apre gli occhi e le menti alla verità delle cose.

Non basta, infatti, (solo) aiutare i bisognosi, occorre anche eliminare le cause che li costringono a essere solo soggetti passivi di elemosina, e quindi sempre dipendenti da altri, e di diventare invece protagonisti della loro vita, secondo il disegno di Dio, premiando, anzi ricompensando, il loro lavoro.

Forte della sua preparazione maturata in tanti anni di studio, come mostra la sua biblioteca di più di duemila volumi, il don ha proposto quella che uno dei relatori dell’evento, l’economista Stefano Zamagni, ha definito la sua “grande rivoluzione”, cioè il perseguimento della “società del gratuito”, di cui sono oggi testimoni tante realtà imprenditoriali legate alla Papa Giovanni XXIII.

Si tratta di una società dal volto umano, che dice che non basta aiutare un fratello in difficoltà a portare la sua croce, ma che bisogna anche smettere di produrre le croci che lo inchiodano, agendo perché diventi protagonista attivo, corresponsabile, e non solo soggetto passivo. Una visione che contesta la società del profitto, oggi prevalente e caratterizzata dal premiare soprattutto il capitale finanziario (il cui protagonista è il manager nella spiegazione di Zamagni), e non abbastanza quello umano.

Tanti gli interventi. Da quello della giornalista di Avvenire Lucia Bellaspiga, amica del don, a quello dell’economista Luigino Bruni, che ha ricordato l’impegno per la pace di don Oreste, e quello del vescovo di Rimini Niccolò Anselmi, che ne ha sottolineato la dimensione della preghiera. Interessanti anche gli interventi in materia di tratta delle donne di don Aldo Bonaiuto, collaboratore stretto per 15 anni di don Benzi, e quello della teologa Elisabetta Casadei, postulatrice della causa di canonizzazione, che ha appena pubblicato il libro La mistica della tonaca lisa (Sempre ed.), che ne ripercorre il tracciato di vita con una biografia ufficiale che mette un punto fermo sulle principali acquisizioni emerse finora nel processo canonico.