PHOTO
Un gruppo di suore in piazza San Pietro
La Santa Sede frena, ma non chiude. La commissione vaticana incaricata di esaminare la possibilità del diaconato femminile ha espresso un voto negativo, confermando che ad oggi non ci sono le condizioni per aprire alle donne l’accesso all’Ordine sacro.
Una decisione attesa e al tempo stesso delicata, destinata ad alimentare il dibattito dentro e fuori la Chiesa. Ma accanto al “no”, il documento lascia intravedere un “sì” possibile: quello a una ministerialità femminile più ampia, riconosciuta e strutturata.
È il risultato dei lavori della commissione guidata dal cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo emerito dell’Aquila, istituita su mandato di Papa Francesco, che ha concluso i suoi lavori lo scorso febbraio. Lo si legge nella relazione di sette pagine che il porporato ha inviato a Leone XIV lo scorso 18 settembre e che ora viene resa pubblica per volere del Papa.
La discussione non nasce ora. Da anni teologi ed esperti studiano il ruolo che alcune donne svolsero nelle prime comunità cristiane. La Commissione invita a una prudenza motivata: manca una base teologica condivisa che permetta di assimilare il diaconato femminile all’Ordine sacro. Dunque, nessuna chiusura definitiva, ma neppure un’apertura possibile nell’immediato.
Tra tradizione e rinnovamento
La linea del documento tiene insieme due esigenze: salvaguardare la tradizione sacramentale e, allo stesso tempo, aprire a nuove forme di ministerialità laicale, anche stabili, affidate alle donne.
L’idea di fondo è chiara: la ministerialità non coincide con i ministeri ordinati. Le comunità cristiane vivono già oggi grazie al contributo essenziale delle donne, protagoniste nella catechesi, nell’educazione, nella carità, nell’animazione liturgica e nella guida dei gruppi ecclesiali.
Il tema vero, dunque, è come riconoscere e valorizzare questo ruolo in modo più ufficiale e autorevole.
Il testo non modifica la disciplina sacramentale, ma indica tre punti di lavoro: approfondire ulteriormente aspetti storici e teologici ancora controversi; istituire o rafforzare ministeri laicali stabili, in cui le donne possano esercitare responsabilità effettive e coinvolgere le comunità in un discernimento più ampio, superando rigidità e visioni clericali.
Le fasi dei lavori
La Commissione, nella prima sessione di lavori (2021) era arrivata a stabilire che «la Chiesa ha riconosciuto in diversi tempi, in diversi luoghi e in varie forme il titolo di diacono/diaconessa riferito alle donne attribuendo però ad esso un significato non univoco». Nel 2021, all’unanimità, il confronto teologico ha portato ad affermare che «l’approfondimento sistematico sul diaconato, nel quadro della teologia del sacramento dell’ordine, suscita interrogativi sulla compatibilità dell’ordinazione diaconale delle donne con la dottrina cattolica del ministero ordinato». Sempre all’unanimità la commissione si è espressa in favore dell’istituzione di nuovi ministeri che “potrebbe contribuire alla sinergia tra uomini e donne”.
Nella seconda sessione di lavori (luglio 2022), la commissione ha approvato (con 7 voti favorevoli e uno contrario) la formulazione che esclude la possibilità di procedere verso l’ammissione delle donne al diaconato come grado del sacramento dell’ordine ma senza formulare oggi “un giudizio definitivo”.
Infine, nell’ultima sessione di lavori (febbraio 2025), dopo che su indicazione del Sinodo si era consentito a chiunque volesse farlo di inviare il proprio contributo, la commissione ha esaminato tutto il materiale pervenuto. «Anche se gli interventi affluiti erano numerosi, le persone o i gruppi che avevano inviato i loro elaborati erano soltanto ventidue e rappresentavano pochi paesi. Di conseguenza, sebbene il materiale sia abbondante e in alcuni casi abilmente argomentato, non si può considerare come la voce del Sinodo e tantomeno del popolo di Dio nel suo insieme».
Le ragioni del “sì”: dignità, Scrittura e segni dei tempi
Nella Relazione si riassumono i pro e i contro. Chi sostiene l’apertura al diaconato femminile richiama innanzitutto la pari dignità tra uomo e donna, radicata nella creazione (“immagine di Dio”) e nel messaggio evangelico. A loro avviso, la tradizione che riserva agli uomini tutti i gradi dell’Ordine sacro rischia di contraddire questo principio e di non tenere conto del dinamismo della storia della salvezza. Viene citato anche il celebre passo della Lettera di San Paolo ai Galati: «Non c’è più maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù». Un testo che, secondo i favorevoli, apre a una lettura più inclusiva della ministerialità. A questo si aggiunge il riferimento allo sviluppo sociale contemporaneo, che riconosce la piena accessibilità di uomini e donne a ruoli istituzionali e di responsabilità pubblica.
Le ragioni del “no”: identità sacramentale e significato sponsale
Altri membri della commissione sostengono invece che la mascolinità di Cristo non sia un dettaglio marginale, ma parte essenziale del simbolismo sacramentale. Per questa linea teologica, introdurre il diaconato femminile romperebbe il legame nuziale che unisce Cristo e la Chiesa, espresso nei tre gradi dell’Ordine sacro. Questo paragrafo è stato messo ai voti: cinque membri hanno votato per mantenerlo, cinque per eliminarlo. Una spaccatura netta che fotografa la complessità del discernimento.
Un punto condiviso: ampliare i ministeri istituiti per le donne
C’è però un passaggio che ha raccolto quasi l’unanimità: con 9 voti favorevoli e uno contrario, la commissione auspica un ampliamento dell’accesso delle donne ai ministeri istituiti e riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa.
Secondo la relazione, offrire un riconoscimento più forte al servizio ecclesiale delle donne sarebbe un «segno profetico», soprattutto laddove la discriminazione di genere è ancora una realtà.
La “dialettica intensa” indicata dal cardinale Petrocchi
Nelle conclusioni, il cardinale Giuseppe Petrocchi ha rilevato l’esistenza di una «intensa dialettica» tra due impostazioni teologiche: una vede l’ordinazione del diacono come ministero, non come sacerdozio, aprendo così a una possibile ordinazione femminile; l’altra sottolinea l’unità del sacramento dell’Ordine, per cui ammettere le donne al diaconato renderebbe illogica la successiva esclusione dal presbiterato e dall’episcopato.
Per questo il porporato ha invitato a un approfondimento più ampio e rigoroso, soprattutto per chiarire l’identità sacramentale del diaconato e la sua missione ecclesiale. In molte parti del mondo, infatti, il ministero diaconale è quasi inesistente; in altre coincide di fatto con ruoli già occupati dai laici.






