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Dallo scorso settembre Erica Tossani è la nuova direttrice della Caritas ambrosiana. La incontriamo pochi giorni prima del Giubileo dei poveri, che si celebra a Roma il 16 novembre, e ci accoglie con una riflessione un po’ spiazzante: «Nella Chiesa», fa notare, «siamo piuttosto bravi a sostenere i poveri. E abbiamo anche superato la logica dell’assistenza, attivando percorsi di autonomia e ricostruzione della dignità di chi ha bisogno. Però c’è una cosa che ancora non riusciamo a fare. Ed è l’entrare in un rapporto di reciprocità: dai poveri avremmo noi qualcosa da imparare. Perché chi guarda il mondo dalle periferie (e la povertà è una periferia esistenziale) ci insegna ad avere una visione della realtà autenticamente evangelica».
Lo diceva anche papa Francesco: «I poveri di ogni condizione e ogni latitudine ci evangelizzano».
Parlare di povertà in un ufficio nel centro di Milano sembra un po’ fuori luogo: come è possibile che ci siano poveri nella città più ricca e internazionale d’Italia? «Il nostro è un territorio di grandi contraddizioni», risponde Tossani. «È vero, ci sono ricchezza ed eccellenze, ci sono anche tante risorse buone di solidarietà. Ma la povertà non manca.
Ai nostri centri d’ascolto arrivano principalmente richieste di beni materiali: cibo e soldi per pagare le bollette e per curarsi. Gli ultimi dati rilevano una povertà che si sta cronicizzando. È preoccupante perché significa che non funzionano le politiche pubbliche di contrasto alle povertà».
Proprio per questo, chiarisce la direttrice, il compito della Caritas è sì aiutare chi è in difficoltà, rispondendo ai suoi bisogni emergenziali, ma è soprattutto quello di far emergere quei bisogni, in modo che la Chiesa tutta ne prenda coscienza e le istituzioni se ne possano fare carico. […]
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