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Quattro anni di cammino, 200 diocesi e 500mila persone coinvolte, un documento approvato a larghissima maggioranza. Il 25 ottobre all’Hotel Ergife di Roma si è chiusa la terza assemblea sinodale della Chiesa italiana. Ma cosa dice davvero questo documento? Partiamo dai numeri: il Documento ha ricevuto il 96 per cento di voti favorevoli. Un plebiscito.
Ma cosa contiene questo documento che ha messo più o meno d'accordo tutti ma che ha suscitato anche diverse polemiche soprattutto per la richiesta che la Cei sostenga «con la preghiera e la riflessione le “giornate” promosse dalla società civile per contrastare ogni forma di violenza e manifestare prossimità verso chi è ferito e discriminato (Giornate contro la violenza e discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, il femminicidio, l’omofobia e transfobia, etc.)». Molti hanno interpretato questa proposta come un sostegno al Gay Pride.
Ne parliamo con Alberto Chiara, giornalista, saggista e uno degli oltre 800 delegati che ha partecipato alle assemblee sinodali. «È stato il coronamento di quattro anni esatti di lavoro», spiega, «un cammino partito in piena pandemia, con alle spalle chiese chiuse e oratori vuoti. Ha coinvolto fisicamente oltre 500mila persone: laici, sacerdoti, vescovi, esperti ma anche persone al di fuori della Chiesa. Le cifre interpretative sono tre: maggiore corresponsabilità dei laici, maggiore formazione e un’attenzione a una serie di problemi concreti che interpellano la vita di tutti noi».
Quali sono questi problemi concreti?
«Pace e guerra innanzitutto. Povertà, sviluppo, relazioni, comprese quelle affettive e sessuali che oggi sono molteplici e plurali. Alcuni giornali l'hanno titolato come fosse l'unico tema, ma è solo uno dei tanti».
Lei parla di "maggiore corresponsabilità". In concreto cosa significa?
«I vescovi hanno ricevuto il mandato di rendere obbligatori i Consigli pastorali nelle parrocchie. Vuol dire coinvolgere di più tutte le componenti della Chiesa. Direi che si è fatto un passo avanti verso una maggiore “democrazia interna”, anche se sappiamo che la Chiesa non è un Parlamento. Però c'è bisogno di dare voce a più persone. Corresponsabilità significa questo».
Sul tema delle relazioni affettive e sessuali cosa dice il Documento?
«Che le chiese locali e le conferenze episcopali regionali sono chiamate a promuovere percorsi di accompagnamento, discernimento e integrazione nella pastorale ordinaria di tutte quelle persone che arrivano da situazioni ferite: separati, divorziati risposati, omosessuali, transgender e le loro famiglie».
Non si tratta di salire sul carro del Gay Pride, come ha detto qualcuno.
«Nulla di tutto ciò. Il messaggio, di fondo, è chiaro: basta emarginazione e stop alla discriminazione. Il punto numero 30 va letto per quello che dice. Le polemiche di questi giorni mi sono sembrate fuorvianti, strumentali e faziose».
Molte novità riguardano le proposte su pace e disarmo.
«È una delle prime proposizioni concrete delle oltre cento che compongono il Documento. Il punto 24 invita la CEI a far nascere un Tavolo di riflessione e approfondimento che coinvolga “varie realtà della società civile e gli esperti del settore”. Il che significa governo, Confindustria e sindacati. La Chiesa pone un problema etico: è giusto che centinaia di miliardi di euro vengano spesi per riarmare e rifornire gli arsenali tagliando welfare, istruzione e percorsi di integrazione? La domanda è chiara. Ora servono risposte concrete. Oltre al Tavolo permanente sul disarmo, l'assemblea ha proposto l'abbandono delle banche coinvolte nella filiera dell'industria bellica, il sostegno all’obiezione di coscienza professionale e progetti di giustizia riparativa».
Non sono mancate e non mancano le critiche anche all’interno del mondo cattolico. Il vescovo di Sulmona, Michele Fusco, ha osservato la mancanza di attenzione al tema della famiglia. Ha ragione?
«Tutto è perfettibile, sia ben chiaro. E ci sta che si osservino lacune. Ognuno poi ci mette la sua sensibilità. Il Documento ha scelto di recepire tutta la ricchezza e pluralità di argomenti che i delegati delle diocesi hanno messo sul tavolo, tra cui anche la famiglia».
Lei parla di “perfettibilità”. Che significa?
«Anzitutto bisogna riempire di contenuti la proposta 24 sul disarmo. È stato lanciato un segnale, ma serve concretezza. E poi c'è il tema dello stile: monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena e Segretario del cammino sinodale, ha detto una cosa bellissima: Il Sinodo si chiude e ora il sinodo continua". È stato consegnato uno stile, un pacchetto di urgenze. Ora toccherà ai vescovi decidere quali priorità mettere subito in cima alla lista e quali lasciare decantare».
Quando si deciderà?
«Dal 17 al 20 novembre la CEI, nella sua assemblea generale, porterà l'attenzione di tutti i vescovi su questo documento. Saranno loro a stabilire le priorità mettere in cima alla lista e i tempi di attuazione del Documento che abbiamo approvato».



